martedì 13 gennaio 2015

Eleonora Pimentel Fonseca













Eleonora Pimentel Fonseca



Sola tra i miei pensier sovente i' seggio,
E gli occhi gravi a lagrimar m'inchino,
Quand'ecco, in mezzo al pianto, a me vicino
Improvviso apparir il figlio i' veggio.
Egli scherza, io lo guato, e in lui vagheggio
Gli usati vezzi e i' volto alabastrino:
Ma come certa son del suo destino,
Non credo agli occhi, e palpito, ed ondeggio.
Ed or la mano stendo, or la ritiro,
E accendersi e tremar mi sento il petto,
Finchè il sangue agitato al cor rifugge.
La dolce visione allor sen fugge;
E senza ch'abbia dell'error diletto,
La mia perdita vera ognor sospiro.


Il 13 gennaio dell'anno 1752, a Roma, nasceva una bambina dal nome italiano di Eleonora Anna Maria Felice. La piccola, nata da una nobile famiglia portoghese, la famiglia da Fonseca Pimentel Chaves, era destinata a ricoprire uno dei ruoli politici, e non solo, più rilevanti della breve storia della Repubblica Napoletana.
Lei, che dovette passare per l'esperienza cruenta del "martirio", un martirio al quale non fu risparmiata l'onta inflitta dal pubblico disprezzo di coloro i quali, oltre ad averla ritenuta rea di "patriottico"sovversivismo, la giudicarono con "spietato verdetto" colpevole per aver, lei donna, generato, pubblicato e difeso con l'azione idee politiche e per di più rivoluzionarie, fu anche una poetessa ed una delle prime donne giornaliste d'Europa, infatti fondò e diresse la rivista "Monitore Napoletano" per la diffusione delle idee repubblicane.
Non molto tempo fa (1986) lo scrittore Enzo Striano, in un romanzo storico, che s'intitola "Il resto di niente" racconta la sua vita di rivoluzionaria.
L'autore vi descrive le tappe più importanti della vita di Eleonora: la prima tappa è a Roma, dove nasce e dove, bambina attenta e curiosa, affascinata dalla sua bellezza, esplora la città italiana in cui, esule dal Portogallo si trasferisce con la sua famiglia. La seconda tappa è Napoli, dove si reca già adolescente, avendo la famiglia abbandonato Roma in seguito alla rottura delle relazioni diplomatiche tra lo Stato portoghese e quello pontificio, e dove sente che resterà fino alla morte.
" Vi alitavano savia comprensione, indifferenza gentile, meglio ancora supremo senso della vita, in equilibrio fra pietà e disincanto." dice.
E' questo il momento in cui Eleonora inizia a gettare le basi del suo persorso di letterata, a stabilire rapporti culturali, in una reciprocità di scambi con i maggiori ingegni del tempo, a intraprendere la sua carriera di poetessa.
Come sempre accade nella vita delle anime grandi, l'intelletto era molto precoce e l'apprendimento facile perché sostenuto da un reale interesse: Eleonora imparò presto l'uso parlato e scritto delle lingue classiche, latino e greco, e delle moderne, le tecniche più raffinate del far versi, fu ammessa all'Accademia dell'Arcadia, fu notata dal Metastasio.... fu in relazione epistolare con letterati di fama.... si rivolse agli studi di Storia, di Diritto, di Economia... scrisse su argomenti finanziari, tradusse dal latino testi giuridici...
Fu sposa e madre. Ma entrambe le esperienze le procurarono grande dolore: il figlio le morì giovane; il marito, ufficiale dell'esercito napoleonico, la picchiava a tal punto che le procurò l'interruzione di una seconda gravidanza: dovette separarsene.
Fu molto amica della regina Maria Carolina D'asburgo-Lorena: con lei condivise i salotti frequentati dagli illuministi napoletani, ma la rivoluzione fece precipitare ogni cosa: non vagheggiamenti di monarchie perfette né progetti di riforme illuministiche ma solo nemici pericolosi, giacobini fuori legge da mettere in prigione. Eleonora fu messa in prigione . Fu liberata dai lazzaroni.
Si aprì una breve ma intensa nuova fase della sua vita: cancellato il titolo nobiliare dal suo cognome, la giovane patriota fu un'artefice e un'attiva sostenitrice della Repubblica Partenopea.
Scrisse un inno alla Libertà e articoli su articoli, tutti dai decisi toni democratici e repubblicani, che escludendo ogni ipotesi di mediazione, le procuravano l'odio e il desiderio di vendetta delle classi nobiliari, cui apparteneva per nascita, senza riuscire però a conquistare un reale appoggio delle classi popolari, nonostante i suoi tentativi di coinvolgerle.
Quando, la seconda coalizione antifrancese, preoccupata di fronte al moltiplicarsi delle repubbliche democratiche, per bloccare l'avanzata francese e con essa la diffusione delle idee rivoluzionarie, inviò un corpo di spedizione austro-russo in Italia, riuscendo a cacciare i Francesi e a far cadere tutte, ad eccezione di Genova, le Repubbliche Sorelle, riaprendo le porte ai sovrani cacciati, questi, ripreso il governo, diedero inizio a feroci repressioni.
La repressione contro coloro che avevano partecipato e sostenuto la Repubblica Partenopea, nel Regno di Napoli, fu particolarmente spietata: 120 persone giustiziate, tra cui personalità di uomini e donne di alto livello, quali l'ammiraglio Francesco Caracciolo, il medico Domenico Cirillo, il giurista Mario Paganoo, lo storico Francesco Conforti, la poetessa e giornalista Eleonora Piementel de Fonseca.
Dopo aver patito la prigionia ( era stata arrestata mentre tentava di fuggire travestita da ufficiale francese) e l'isolamento , processata frettolosamente nonostante la difesa di valenti avvocati, salì al patibolo il 20 agosto 1799.
Pietro Colletta nella sua Storia del reame di Napoli scrive:"Morirono dei più noti del regno.....a fianco dei quali si vedevano uomini chiarissimi per lettere o scienze e donna rispettabile , la Pimentel.... ".
Si dice che prima di morire abbia pronunciato il famoso verso di Virgilio: Forsan et haec olim meminisse juvabit" (Forse un giorno gioverà ricordare tutto questo).

Rosalia De Vecchi