martedì 31 marzo 2015

Santuario di San Romedio, uno dei santuari più suggestivi non solo del Trentino ma d'Europa.





stampa antica in cui è visibile il santo con l'orso ammansito

 Il santuario, dedicato a san Romedio, si trova al centro di una profonda e selvaggia forra, in cima ad un picco di roccia calcarea, alto più di 70 metri, nell'area comunale di Coredo, in Val di Non , nel Trentino. Risale al 1000, ma di fatto, essendo costituito da cinque chiese a ridosso di questa ripida parete di roccia e unite tra loro da ben 115 gradini, si può dire che sia stata costruita durante un arco di tempo che si aggira intorno ai novecento anni. Custodito da frati francescani esso è meta di numerosissimi visitatori.



ingresso al santuario, la scalinata conduce al luogo più alto dove sono custodite le reliquie del santo

Fino a qualche tempo fa una delle attrattive, per i visitatori, era costituita dall'orso. Sul piazzale antistante il santuario un cartello ammoniva di non gettare cibo o altro all'orso. E una scritta sul portale rammenta ad ognuno che vi giunga che "mentre l'orso, la belva si fa umana ", chi è nato uomo fa invece di tutto per diventare belva. 
Nel 1956, infatti, per la prima volta, il conte Gian Giacomo Gallarati Scotti aveva donato al santuario un orso da circo ormai troppo vecchio, per finirvi i suoi giorni sereno, inaugurando così la tradizione dell'orso a San Romedio.
Ma ora che la tradizione è stata interrotta da ragioni ambientaliste, si discute molto sulla presenza dell'orso nel luogo sacro e si dibatte tra sostenitori del pro e difensori del contro, tanto che persino in FB esiste il gruppo di quelli che rivogliono l'orso a San Romedio!
Intanto si parla di un calo delle visite a San Romedio, dovuto appunto alla "sparizione" dell'orso.
Ma come mai l'orso a San Romedio? Quale legame c'è tra il santo e l'orso?
Sono varie le leggende che esistono a questo proposito, ma tutte hanno come soggetto San Romedio che cavalca il feroce plantigrado. Si dice infatti che, quando l'eremita, negli ultimi anni di sua vita, ormai vecchio e malato, ebbe deciso di scendere dall'eremo insieme ai suoi compagni Abramo e Davide, per recarsi a visitare il vescovo di Trento, Vigilio, abbia chiesto che gli venisse sellato il suo cavallo, che stava pascolando nel bosco. Ma, ahimé, ecco che allora avvenne una cosa terribile! Tutto trafelato e sconvolto, il povero Davide venne a portare la notizia: un orso aveva sbranato il cavallo! San Romedio non batté ciglia e dinanzi allo stupefatto, incredulo, Davide, ordinò: "Metti briglie e morso all'orso". 
Che stravaganza! Ma il fraticello obbedì. E vide, con meraviglia ancor più grande, l'orso piegarsi mansueto e lasciarsi cavalcare dal Santo, il quale giunse in città acclamato dalla gente, che già lo aveva in massima venerazione.
Alla sua morte, San Romedio venne sepolto nella stessa grotta in cui aveva dimorato, nel luogo dove oggi sono conservate le sue reliquie e intorno al quale sono sorte le cinque chiese che compongono il santuario. Un luogo davvero affascinante: alla confluenza tra due piccoli fiumicelli, una stradina inserita tra alte pareti di roccia conduce ad una svolta: qui su un imponente cono roccioso, sovrastante il verde fitto del bosco di faggi e di abeti, ecco apparire il santuario, con la sua tipica forma a pinnacolo, che da una base più larga va restringendosi attraverso i suoi tre piani fino alla parte più alta: la cella che custodisce le reliquie del santo.
Cosa insolita, qui, si procede a ritroso: da luoghi più recenti si va verso quelli più remoti, infatti l'intero complesso si è sviluppato, nel tempo, procedendo dall'alto verso il basso. Come ad esempio, come quando si attraversa il settecentesco portale d'ingresso e ci si trova nel piccolo chiostro cinquecentesco, lastricato a ciottoli, dove risiedevano i vicari ed dove ora vivono i frati francescani cui è affidato il compito di custodire il santuario. Le stanze , disposte su due piani a ferro di cavallo che si aprono su un loggiato rinascimentale molto bello, hanno subito vari rimaneggiamenti e doggi sono adibite in parte a convento in parte a servizi. Vi è persino il bar e fino ai primi degli anni '70 c'è stato anche un ristorante. Non mancano ovviamente gli spazi usati alla vendita di souvenirs e libri!



Un bellissimo arco settecentesco divide le due zone che potremmo dire "sacra" e "profana": esso sta infatti quasi come arco divisorio tra la parte esterna del santuario e quella che invece, attraverso i più di cento gradini conduce verso le zone più interne, su su fino al reliquario.
Appena superato l'arco, due cappelle di modesto valore artistico sono dedicate una, quella a destra, con il soffitto tutto decorato di figure di santi, a San Giorgio, in onore del suo fondatore, Giorgio Cles, l'altra, quella a sinistra, all'omaggio fatto da un gruppo di ex combattenti scampati al massacro della prima guerra mondiale che la vollero appunto far erigere come voto. Lungo la scalinata gruppi di statue lignee che raffigurano i misteri dolorosi della Passione di Cristo, ma che nei carnefici non rappresentano i soldati romani ma i militari austroungarici, che in quel periodo dominavano la vallata.


La scala che dopo i primi 36 gradini si restringe sempre più, è tappezzata di ex voto, oggetti vari che testimoniano la grande devozione della gente del luogo per il santo e che, facendosi linguaggio figurativo popolare, raccontano storie di dolori e di gravi prove, di gioie e di gratitudine... E qui, quello che più colpisce e commuove è che molti ex voto si riferiscono a grazia ricevuta negli incidenti sul lavoro. Infatti una delle leggende sul santo racconta che un giorno, diversi anni dopo la sua morte, durante i restauri praticati nella chiesetta costruita per prima, un carpentiere che stava schiodando un legno, perse l'equilibrio e cadde. Precipitò paurosamente nel burrone e tutti furono presi da gran dolore. Tutti, infatti, pensarono che mai ne sarebbe uscito vivo.




Ma, quando lo raggiunsero per soccorrerlo, i compagni, con grande sorpresa, dovettero gridare al miracolo: l'operaio, vivo ed illeso, sorrideva loro come se quel pauroso volo non fosse mai accaduto!
Forse proprio per questa leggenda la chiesetta è la più rappresentata negli ex voto. Essa è una costruzione del 1513, ma in stile gotico, con l'altare invece barocco. Fu voluta dal conte Sigismondo Thun.
Al piano più alto del santuario vi è la chiesa di San Romedio, o Chiesa Maggiore, tutta circondata da un camminatoio dal quale si gode un magnifico panorama. Essa è il punto centrale dell'intero
complesso. Ogni lato è diseguale dagli altri e in ciò somiglia ad una sala rinascimentale. I pellegrini stessi contribuirono alla sua costruzione: ogni pietra trasportata valeva un'indulgenza. Inizialmente sobria nel suo stile, più tardi, nel seicento, le sue pareti furono affrescate con immagini degli apostoli a grandezza naturale e il soffitto con la scena della Resurrezione. Cento anni dopo fu aggiunto l'altare barocco e nel secolo scorso la pala che più è cara ai fedeli, raffigurante San Romedio che cavalca l'orso ammansito. Nel pavimento c'è una grata, dalla quale si intravvede una piccola grotta. La si ritiene quella in cui il santo visse, ma gli storici sono convinti che invece, soprattutto negli ultimi suoi anni di vita, l'eremita si sia rifugiato nella spelonca naturale che si trova su nella sommità del picco.






Dalla Chiesa Maggiore, salendo sette gradini a destra, si accede alla parte più venerata del santuario. Il portale che ne disegna lo spazio di accesso è considerato molto pregiato. Di stile romanico, con decorazioni enigmatiche per gli esperti, offre allo sguardo del visitatore e del fedele i simboli del sole, della croce, del crocefisso di fattura simile all'arte longobardica e, seminascosto da una colonnina, forse del XII secolo, c'è il Presepe. I sette gradini conducono ad uno spazio di 35 metri quadri, dove un muro con cancello divide l'area della cappella dedicata a San Vigilio da quella che conserva le reliquie dentro un cofanetto posto all'interno di una nicchia con baldacchino. Gli affreschi di questa parte del santuario sono sovrapposizioni di varie epoche ancora all'esame degli studiosi.
Il più antico documento che testimonia l’esistenza di un culto pubblico del santo è il “Sacramentario Adalpretiano”, che risale alla seconda metà del XII secolo. Nel calendario insito nel documento è scritto: 1° ottobre: san Romedio confessore. Notizie intorno alla vita di San Romedio si trovano nell’ Epilogus in Gesta sanctorum (1240) del domenicano Bartolomeo da Trento. Ma resta ancora incerta l’epoca in cui si ritiene che l’eremita sia vissuto : chi la fa risalire al VII secolo, chi tra il IV e il V, chi addirittura al XIII secolo…






La questione relativa alla data della sua esistenza viene chiamata “questione romediana” ; invece sui fatti principali della vita del santo gli studiosi sono concordi.
Romedio, nacque nel castello di Thaur, a una decina di chilometri dall’odierna Innsbruck, figlio di una nobile e ricca famiglia, molto religiosa. Il piccolo Romedio crebbe in un ambiente in cui l’educazione cattolica e l’esempio stesso, in particolare della madre, lo avevano reso più disposto ad accumulare tesori spirituali che ricchezze materiali. La morte del padre prima e quella della madre più tardi accentuarono in lui l’inclinazione verso la vita ascetica, una vita di meditazione e di penitenza. Si narra che, essendosi recato in pellegrinaggio a Roma, al ritorno, come San Francesco dopo il sogno rivelatore, anche lui si sia spogliato di tutti i suoi beni, donandoli ai poveri e si sia ritirato a vita solitaria , scegliendo l’eremitaggio.




Due compagni, però, vollero seguirlo: Abramo e Davide.
L’incontro col vescovo di Trento, Vigilio, prima, e quello a Roma col Papa, dopo, sancirono questa sua scelta. Al primo il santo donò i suoi averi, sembra lo stesso castello di Thaur, altri suoi possedimenti e 1000 uomini, dal secondo ricevette l’assenso. Ma anche sulla contemporaneità di Romedio col vescovo Vigilio e sulla donazione fattagli si sollevano obiezioni, in quanto in epoca romana non era possibile donare strutture feudali quali castelli e terre, per cui si deve dedurre che i due non furono contemporanei e che il vescovo sia stato un altro e poiché Romedio dispone di beni di tipo feudale si deve dedurre che il periodo della sua esistenza sia quello medievale del 1000.
Romedio morì nella grotta dove era vissuto.





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