venerdì 10 aprile 2015

Ugo Crozio


"Io vidi prevalere in tutto il mondo cristiano una licenza, nel far guerra, di cui anche nazioni barbare si sarebbero vergognate, poiché si ricorre alle armi per ragioni futili o senza motivi, e quando le armi sono state una volta impugnate, ogni rispetto per le leggi divine e umane é stato gettato via, quasi gli uomini fossero da quel momento autorizzati a commettere ogni delitto, senza restrizioni.".
da : De iure bellis et pacis (1625).



Queste parole, che mai sembrano cessare di essere attuali, non vogliono tuttavia negare la difesa, legittima, delle vite e dei beni della società civile di uno Stato, quando, e se, essi sono realmente minacciati, ma vogliono evidenziare in modo assolutamente netto l'ingiustizia sia di una guerra di conquista o di una guerra combattuta per dare ad un popolo, che non lo richiede né lo vuole, un governo che si presume, a torto o a ragione, gli faccia bene, sia di una guerra preventiva, che, invece, alcuni scrittori giustificavano ed autorizzavano. Di fronte a questo tipo di guerre vale, secondo Grozio, che il singolo si opponga al suo parteciparvi.
E, qualora le situazioni siano tali da non poter evitare il conflitto, è doveroso condurlo nel rispetto dei diritti fondamentali dei popoli.
Giurista, filosofo e scrittore olandese, (1583-1645), Ugo Crozio è ritenuto il "padre del diritto naturale". Il suo De iure bellis et pacis, trattazione dei molteplici e differenti aspetti della guerra, contiene le basi del diritto internazionale, che, per lui, è prevalentemente connesso col diritto naturale.
In questo suo essere considerato "padre del diritto naturale" Crozio va accostato al suo predecessore in materia: il domenicano spagnolo Francisco de Vitoria (1483-1546), il quale, riallacciandosi a Sant'Agostino e a San Tommaso d'Aquino, trattò della cosiddetta "guerra giusta" e del rispetto di valori etico-naturali, in base ai quali, peraltro, una guerra non deve assolutamente provocare danni maggiori di quelli a cui intende portare rimedio, essendo egli anche quel primo teologo che, insieme a Bartolomeo De La Casas, affrontò la questione della conquista spagnola, ne denunciò i gravi aspetti di selvagggia barbarie e contestò i principi del Trattato di Tordesillas, sostenendo con vigore sia l'illegittimità del mandato papale di evangelizzazione, sia il concetto aristotelico della "naturale schiavitù".
Se Machiavelli aveva sostenuto che la forza di uno Stato va mantenuta anche secondo mezzi non corrispondenti alle leggi della morale collettiva, per cui un Principe, pur di garantire l'integrità e la potenza del proprio Stato, può e deve ricorrere alla violenza, alla menzogna, al tradimento, all'assassinio, Crozio, invece, è risoluto nel sostenere che se pure i governi possono non rispettare, in talune circostanze, la legge "positiva" formulata e decisa dagli uomini di un determinato luogo e di una determinata epoca, sono obbligati invece ad obbedire allo "ius naturale", ritenendo per diritto naturale "il dettato della giusta ragione che rivela l'immoralità o la necessità morale di qualsiasi azione....".
Di diritto naturale avevano trattato antichi filosofi quali Ippia di Elide, il quale affermava che "il simile è per natura parente del simile, mentre la legge, essendo tiranna degli uomini, costringe a fare molte cose contro natura", lo stesso Aristotele e poi, a Roma, Gaio e Ulpiano, che vollero occuparsi anche del cosiddetto "ius gentium", considerare cioè anche il diritto relativo ai popoli non compresi nella cittadinanaza romana, cosa che maturò, nelle riflessioni di Ulpiano, la constatazione che la condizione di schiavo viene vista tale dalle leggi fatte dagli uomini e non corrisponde alla condizione naturale dell'uomo. E anche gli Scolastici e San Tommaso si occuparono di diritto naturale e San Tommaso, in particolare, poneva l'accento sul fatto che è un diritto naturale dell'uomo rivendicare la propria libertà.
Fu tuttavia Ugo Crozio che approdò alla formulazione completa del giusnaturalismo, ossia alla constatazione, e alla conseguente affermazione, dell'esistenza di un diritto naturale conoscibile da ogni uomo.
Connettendo lo "ius naturae" con lo "ius gentium" egli costruì la prima formulazione moderna di una legge internazionale.
Supponendo che una guerra sia inevitabile, allora i governi dovrebbero condurla nel rispetto di alcuni diritti fondamentali, quali la previa dichiarazione di guerra, il rispetto, nelle conquiste, dei bambini, delle donne e di tutti i non combattenti, la non uccisione dei prigionieri....Ed anche se sorgono domande come: "se lo "ius naturae" è "un dettato della giusta ragione", chi stabilisce qual è la giusta ragione?" o come: " una volta definiti i principi del diritto internazionale chi ne sarà garante?", è indubbio che l'opera di Grozio ha il grande merito di mettere i primi limiti all' "omicidio autorizzato" perpetrato nelle guerre fino ad allora combattute ed, anche se dalla stessa Guerra dei Trent'anni a tutte le altre guerre che ancor oggi si consumano nel mondo il diritto internazionale viene troppo spesso gravemente e drammaticamente calpestato, resta il fatto che quest'uomo segnò un Rubicone, un momento di riflessione che, nonostante la violenza del mondo, diede inizio ad un processo evolutivo ancora in atto.
Grozio elaborò e formulò anche la teoria del "contratto sociale" e ipotizzò l'internazionalità e la libertà dei mari, cosa che contribuì all'abbattimento di alcuni monopoli commerciali.
Queste sue idee innovative, se convinsero Richelieu, che aveva deciso d'intervenire nella Guerra dei Trent'anni, a revocargli la pensione, costringendolo a ritirarsi ad Amburgo, ispirarono invece alla regina Cristina l'idea di invitarlo a restare alla sua corte come studioso e a fornirgli una buona pensione. Egli espresse invece il desiderio di ritornare in Germania, ma durante il viaggio, la nave s'incagliò e, avendo egli subito dei danni alla salute per lo schianto, morì poco dopo a Dresda.
Nel 1886 la città di Delft, sua città natale, gli innalzò una statua.


© rosalia de vecchi

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