"Io
vidi prevalere in tutto il mondo cristiano una licenza, nel far
guerra, di cui anche nazioni barbare si sarebbero vergognate, poiché
si ricorre alle armi per ragioni futili o senza motivi, e quando le
armi sono state una volta impugnate, ogni rispetto per le leggi
divine e umane é stato gettato via, quasi gli uomini fossero da quel
momento autorizzati a commettere ogni delitto, senza restrizioni.".
da
: De iure bellis et pacis (1625).
Queste
parole, che mai sembrano cessare di essere attuali, non vogliono
tuttavia negare la difesa, legittima, delle vite e dei beni della
società civile di uno Stato, quando, e se, essi sono realmente
minacciati, ma vogliono evidenziare in modo assolutamente netto
l'ingiustizia sia di una guerra di conquista o di una guerra
combattuta per dare ad un popolo, che non lo richiede né lo vuole,
un governo che si presume, a torto o a ragione, gli faccia bene, sia
di una guerra preventiva, che, invece, alcuni scrittori
giustificavano ed autorizzavano. Di fronte a questo tipo di guerre
vale, secondo Grozio, che il singolo si opponga al suo parteciparvi.
E,
qualora le situazioni siano tali da non poter evitare il conflitto, è
doveroso condurlo nel rispetto dei diritti fondamentali dei popoli.
Giurista,
filosofo e scrittore olandese, (1583-1645), Ugo Crozio è ritenuto il
"padre del diritto naturale". Il suo De
iure bellis et pacis,
trattazione dei molteplici e differenti aspetti della guerra,
contiene le basi del diritto internazionale, che, per lui, è
prevalentemente connesso col diritto naturale.
In
questo suo essere considerato "padre del diritto naturale"
Crozio va accostato al suo predecessore in materia: il domenicano
spagnolo Francisco de Vitoria (1483-1546), il quale, riallacciandosi
a Sant'Agostino e a San Tommaso d'Aquino, trattò della cosiddetta
"guerra giusta" e del rispetto di valori etico-naturali, in
base ai quali, peraltro, una guerra non deve assolutamente provocare
danni maggiori di quelli a cui intende portare rimedio, essendo egli
anche quel primo teologo che, insieme a Bartolomeo De La Casas,
affrontò la questione della conquista spagnola, ne denunciò i gravi
aspetti di selvagggia barbarie e contestò i principi del Trattato di
Tordesillas, sostenendo con vigore sia l'illegittimità del mandato
papale di evangelizzazione, sia il concetto aristotelico della
"naturale schiavitù".
Se
Machiavelli aveva sostenuto che la forza di uno Stato va mantenuta
anche secondo mezzi non corrispondenti alle leggi della morale
collettiva, per cui un Principe, pur di garantire l'integrità e la
potenza del proprio Stato, può e deve ricorrere alla violenza, alla
menzogna, al tradimento, all'assassinio, Crozio, invece, è risoluto
nel sostenere che se pure i governi possono non rispettare, in talune
circostanze, la legge "positiva"
formulata e decisa dagli uomini di un determinato luogo e di una
determinata epoca, sono obbligati invece ad obbedire allo "ius
naturale",
ritenendo per diritto naturale "il dettato della giusta ragione
che rivela l'immoralità o la necessità morale di qualsiasi
azione....".
Di
diritto naturale avevano trattato antichi filosofi quali Ippia di
Elide, il quale affermava che "il simile è per natura parente
del simile, mentre la legge, essendo tiranna degli uomini, costringe
a fare molte cose contro natura", lo stesso Aristotele e poi, a
Roma, Gaio e Ulpiano, che vollero occuparsi anche del cosiddetto "ius
gentium", considerare cioè anche il diritto relativo ai popoli
non compresi nella cittadinanaza romana, cosa che maturò, nelle
riflessioni di Ulpiano, la constatazione che la condizione di schiavo
viene vista tale dalle leggi fatte dagli uomini e non corrisponde
alla condizione naturale dell'uomo. E anche gli Scolastici e San
Tommaso si occuparono di diritto naturale e San Tommaso, in
particolare, poneva l'accento sul fatto che è un diritto naturale
dell'uomo rivendicare la propria libertà.
Fu
tuttavia Ugo Crozio che approdò alla formulazione completa del
giusnaturalismo, ossia alla constatazione, e alla conseguente
affermazione, dell'esistenza di un diritto naturale conoscibile da
ogni uomo.
Connettendo
lo "ius
naturae"
con lo "ius
gentium"
egli costruì la prima formulazione moderna di una legge
internazionale.
Supponendo
che una guerra sia inevitabile, allora i governi dovrebbero condurla
nel rispetto di alcuni diritti fondamentali, quali la previa
dichiarazione di guerra, il rispetto, nelle conquiste, dei bambini,
delle donne e di tutti i non combattenti, la non uccisione dei
prigionieri....Ed anche se sorgono domande come: "se lo "ius
naturae" è "un dettato della giusta ragione", chi
stabilisce qual è la giusta ragione?" o come: " una volta
definiti i principi del diritto internazionale chi ne sarà
garante?", è indubbio che l'opera di Grozio ha il grande merito
di mettere i primi limiti all' "omicidio autorizzato"
perpetrato nelle guerre fino ad allora combattute ed, anche se dalla
stessa Guerra dei Trent'anni a tutte le altre guerre che ancor oggi
si consumano nel mondo il diritto internazionale viene troppo spesso
gravemente e drammaticamente calpestato, resta il fatto che
quest'uomo segnò un Rubicone, un momento di riflessione che,
nonostante la violenza del mondo, diede inizio ad un processo
evolutivo ancora in atto.
Grozio
elaborò e formulò anche la teoria del "contratto
sociale"
e ipotizzò l'internazionalità e la libertà dei mari, cosa che
contribuì all'abbattimento di alcuni monopoli commerciali.
Queste
sue idee innovative, se convinsero Richelieu, che aveva deciso
d'intervenire nella Guerra dei Trent'anni, a revocargli la pensione,
costringendolo a ritirarsi ad Amburgo, ispirarono invece alla regina
Cristina l'idea di invitarlo a restare alla sua corte come studioso e
a fornirgli una buona pensione. Egli espresse invece il desiderio di
ritornare in Germania, ma durante il viaggio, la nave s'incagliò e,
avendo egli subito dei danni alla salute per lo schianto, morì poco
dopo a Dresda.
Nel
1886 la città di Delft, sua città natale, gli innalzò una statua.
© rosalia de vecchi
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