martedì 28 aprile 2015

Élisabeth-Louise Vigée-Le Brun

Autoritratto, Firenze 1790



Morbidi, ad olio, a cere, acquerellabili, sfumini…. bianchi, neri, colorati, luminosi …. i pastelli sono bastoncini in cui la colla è in minima percentuale, per cui imprimono sulla carta colori purissimi , luminosi, che possono essere fissati con un fissante o protetti da un vetro….

La tecnica del pastello è stata praticata da molti dei grandi pittori fin da quando il francese Jean Perréal la inventò negli ultimi anni del ‘400: da Leonardo agli Impressionisti come Manet , Monet, Degas… ché ben si confaceva alla pittura en plein air, da Lautrec, …a Picasso….

Tra le pittrici che usarono la tecnica del pastello vi fu, nel ‘700, Rosalba Carriera e tra la fine del ‘700 e la prima metà dell’800 Élisabeth-Louise Vigée-Le Brun, la famosa pittrice francese ritenuta una delle più grandi ritrattiste del suo tempo. 
La pittrice raffinatissima di ben 900 opere compiute in 86 anni di vita, come lei stessa annovera nelle sue memorie! Di grande fascino i nitidi suoi autoritratti, come quello conservato alla Galleria degli Uffizi a Firenze in cui la giovane Élisabeth ritrae se stessa nell’atto di dipingere Maria Antonietta, o come il tenerissimo abbraccio dell’Autoritratto con la figlia conservato al Louvre! E di grande pregio i numerosi ritratti, circa una ventina, che l’artista fece di Maria Antonietta, tra i quali i più noti e famosi - i testi di storia ne sono pieni! –: il Ritratto di Maria Antonietta con in mano una rosa e il Ritratto di Maria Antonietta con i figli, entrambi conservati, come la maggior parte, nel castello di Versailles. Quest’ultimo ritratto, commissionato con l’intento propagandistico di dare al popolo francese un’immagine della propria regina che contraddicesse l’opinione diffusa di una sovrana disattenta nei confronti dei propri doveri di madre, esalta l’aspetto della bellezza e dell’armonia della famiglia, utilizzando una sapientissima tecnica, che mette in risalto l’eleganza degli abiti, i toni rosati dei volti, gli atteggiamenti pur dotati di una certa solennità ma innanzitutto eleganti e garbatamente affettuosi dei componenti della famiglia reale. Quegli stessi abiti di moda, che diceva di detestare, Élisabeth-Louise riusciva a drappeggiare e a conformare secondo i dettami della propria fantasia, rendendoli mossi nelle forme e vivi nello splendore dei colori e conferendo all’insieme, nei suoi quadri, una naturalezza, quasi una spontaneità, che non turbò, ma se mai esaltò, l’eleganza raffinata delle sue opere.
Dei suoi tanti autoritratti la critica a lei contemporanea pronunciò giudizi talora contrastanti come ad esempio “pieni di grazia” o troppo narcisiste… ma nessuno ha mai loro negato la bellezza e l’abilità d’esecuzione. Élisabeth-Louise aveva imparato dal grande Rubens le tecniche luministiche nel trattare il colore e quelle della composizione, come è stato rilevato nell’ Autoritratto col fiocco rosso, che la mostra a 27 anni, con il cappello piumato, lo sguardo azzurro e i capelli biondi lasciati fluidamente cadere sulle spalle, immagine di avvenenza e di indubbia bellezza, che infatti così la dissero i suoi contemporanei.
Nata a Parigi nell’aprile del 1755 Élisabeth-Louise Vigée-Le Brun fin da piccolissima dimostrò le sue doti artistiche ed il padre, che era anche lui pastellista, le riconobbe e le accolse con grande entusiasmo. Fu la morte del padre che la spinse, piena di dolore, a gettarsi a capofitto nel disegno, così che giovanissima era già conosciuta e protetta dalla duchessa di Chartres. Sposatasi la madre in seconde nozze con un ricco gioielliere, Élisabeth andò ad abitare in rue Saint-Honoré, la prestigiosa rue Saint-Honoré, proprio di fronte al Palais-Royal. Era bella, era ammirata, ma lei mantenne sempre un comportamento semplice e riservato. Nel 1783 fu ammessa alla Accademia Reale di pittura e scultura. Nel settecento le donne pittrici erano diventate molte rispetto ai tempi precedenti e questo, che generava un’ inevitabile competizione con gli artisti uomini oltre che tra di loro stesse, ebbe come conseguenza l’adozione di una serie di restrizioni nella loro assunzione nelle Accademie. Si era intanto sposata con Jean-Baptiste-Pierre Le Brun, pittore anche lui ma dedito al gioco e alle donne, tuttavia buon mercante d’arte, cosa che favorì la vendita delle opere di Élisabeth. Nel 1780 nacque la sua unica figlia, Jeanne-Julie-Louise; il quadro che le ritrae insieme è bellissimo, molto vivo ed intenso. La sua fama giunse alla regina Maria Antonietta che la scelse come sua pittrice personale. La rivoluzione la fece fuggire insieme alla figlia da Parigi e la frase che dicono abbia pronunciato qualche tempo dopo «Allora regnavano le donne. La rivoluzione le ha detronizzate», di fatto contiene una gran parte di verità.
L’artista, che volle estraniarsi dagli orrori della rivoluzione rifiutandone persino le notizie che le avrebbero procurato troppo dolore per la perdita di tanti cari amici, viaggiò per Europa soggiornando presso le corti dei principi che la invitavano a prestar loro la sua opera e tornò a Parigi solo qualche tempo dopo la fine della rivoluzione.
Dipinse, tra l’altro, il ritratto di Carolina Murat, una delle sorelle di Napoleone e resta celebre il suo commento: “Ho dipinto delle vere principesse: non mi hanno mai infastidita e non mi hanno mai fatto aspettare”
Morì nel 1842.
Prima di concludere la sua lunga vita tutta intensa d’arte e d’amore per la pittura, Élisabeth pubblicò i "Souvenirs", opera autobiografica, che è storia della sua vita di donna sposa e madre, ma soprattutto è storia del suo percorso creativo, del suo immenso entusiasmo per la pittura, la quale per lei non fu un fatto intellettuale quanto invece una vocazione spontanea. I souvenirs nel contempo sono preziosa fonte di notizie relative alle vicende le mode le pulsioni e i comportamenti di una parte della società europea di quegli anni complessi in cui visse la loro autrice.



© rosalia de vecchi
autoritratto a 15
anni

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