LA GUERRA DEL DESERTO
All’inizio
della guerra, gli alleati (Francesi ed Inglesi) ritenevano che per
loro sarebbe stato più utile lanciare un’offensiva contro l’Italia
piuttosto che contro la Germania, in Africa settentrionale, infatti
la colonia italiana di Libia era chiusa tra i Francesi in Tunisia e
gli Inglesi in Egitto. La caduta della Francia, nel giugno del 1940
fece svanire questa prospettiva. Ora che la marina francese era fuori
causa, la flotta inglese, da sola, era troppo debole per dominare
tutta la rotta mediterranea da Gibilterra all’Egitto. L’importanza
del Medio Oriente era data dal petrolio del Golfo Persico. La sua
perdita avrebbe costretto la Gran Bretagna a dipendere dal petrolio
americano, che andava pagato in dollari.
La
minaccia più diretta e grave al petrolio era rappresentata
dall’esercito italiano di Libia forte di trecentomila uomini; e il
posto più adatto per pararla era l’Egitto. Gli Inglesi possedevano
il porto di Alessandria, che era la base della
flotta e controllavano il Canale di Suez, che costituiva l’uscita di
emergenza; ma dal punto di vista della strategia terrestre l’Egitto
bloccava le strade che portavano sia al Golfo Persico sia alla
Turchia. Conservando l’Egitto si tenevano i nemici fuori dalla
porta dei giacimenti petroliferi del golfo. Tutta la campagna
nordafricana dal 1940 al 1943 scaturì dunque dalla necessità di
difendere i giacimenti petroliferi del Golfo Persico.
La
zona desertica in cui furono combattute le battaglie del 1940-1942 si
estende per circa 650 km, da El Alamein a est a Derna a ovest. Gli
eserciti si combattevano nella monotona distesa di sabbia e
sterpaglia, cui era necessario fare affluire viveri, rifornimenti ed
acqua. Lunghe colonne di camion, da un punto all’altro, sostenevano
le truppe combattenti mentre depositi e acquedotti provvisori erano
esposti alle forze corazzate nemiche. La campagna del deserto fu un
episodio unico nella storia del conflitto: fu la guerra nella sua
espressione più pura, senza la presenza di civili e di centri
abitati se non lungo la costa.
Appena
l’Italia entrò in guerra, l’11 giugno 1940, puntate offensive e
imboscate sul suo territorio libico affermarono subito la superiorità
degli Inglesi. Il comandante italiano era il maresciallo Rodolfo
Graziani, che Mussolini incitava ripetute volte ad avanzare, mentre
lui era riluttante, perché voleva prima raccogliere scorte
sufficienti. Era sua intenzione marciare sul delta del Nilo. Ma
Graziani non arrivò mai, invece furono gli Inglesi a preparare
l’offensiva. Il primo ministro inglese Winston Churchill, benché
la Gran Btretagna fosse minacciata dall’invasione tedesca, volle
rischiare d’imbarcare truppe per il Medio Oriente. In quei giorni
in Africa Orientale il Duca d’Aosta e le sue truppe furono tagliati
fuori dai rifornimenti e da ogni possibilità di soccorsi e di
rinforzi dall’Italia. Gli Italiani, in Africa, avevano carri armati
che non erano un gran che, ma i pezzi di artiglieria erano il doppio
di quelli inglesi. Durante quelle battaglie furono presi ben 38.000
prigionieri italiani, oltre i caduti e le armi venute in possesso del
nemico. Di battaglia in battaglia, una campagna cominciata come un
piano di difesa dell’Egitto ( da parte degli Inglesi) puntava
adesso alla distruzione della potenza italiana prima in Africa e poi
forse sul territorio nazionale. Ma la situazione cambiò quando il 12
febbraio 1941 arrivò a Tripoli il tenente generale Erwin Rommel, soprannominato poi “la
volpe del deserto”, che molto prima che lo stesso comando supremo
tedesco avesse mai immaginato, attaccava gli Inglesi con rapidità e
agilità sbalorditive e di vittoria in vittoria si fermò subito dopo
la frontiera egiziana solo perché aveva esaurito le scorte.
Da
quel momento in poi il duello con Rommel nel deserto occidentale
avrebbe sempre più affascinato gli Inglesi, e in special modo il
primo ministro Churchill. Il deserto occidentale era il solo posto in
cui l’impero britannico potesse battersi con la Germania su un
fronte terrestre e si voleva riportare una grande vittoria sulle
forze corazzate di Rommel. Per gli Inglesi le prospettive non erano
buone: il loro esercito aveva cominciato ad addestrarsi nelle moderne
tecniche della guerra corazzata con cinque anni di ritardo rispetto
ai Tedeschi e non aveva perciò la loro esperienza operativa. Winston
Churchill continuava ad esortare i comandanti ad attaccare, senza
capire fino in fondo la fragilità dell’esercito. I primi insuccessi
degli Inglesi furono dovuti alla superiorità tattica dei Tedeschi e
alla inesperienza inglese; gli Inglesi, per esempio, caricavano secondo lo
stile dell’antica cavalleria, mentre i Tedeschi restavano sulla
difensiva, attirando il nemico davanti alle loro batterie anticarro.
A poco a poco l’ostinazione inglese ebbe ragione del nemico e
costrinse i Tedeschi a ripiegare. Ma l’ attacco giapponese
facendosi sempre più violento, due divisioni inglesi dovettero
abbandonare l’Africa per correre in aiuto agli americani; Rommel ne
approfittò dando prova ancora una volta della sua tempestività e
agilità, sbaragliando la nuova divisione appena arrivata dalla Gran
Bretagna. Con il bluff e il rischio Rommel, la volpe del deserto,
avanzò di vittoria in vittoria, tanto che la disfatta inglese
sembrava ormai certa. Rommel entrò in Egitto e l’Egitto stesso e
tutte le posizioni inglesi nel Medio Oriente sembravano minacciati
dalla catastrofe
Comandante
in capo dell’ Africa Korps, il corpo di spedizione tedesco in
Africa settentrionale, Rommel si spinse con alterna fortuna fino ad
El Alamein. La sua cavalleresca condotta di guerra venne riconosciuta
anche dagli avversari.
Ad
El Alamein, una prima battaglia ebbe uno svolgimento molto
fluttuante: essa fu infatti soprattutto un scontro di volontà di due
generali. In questa prima battaglia furono impiegate anche le forze
della fanteria italiana. Contro di loro furono sferrati in pochi
giorni ben sei attacchi, tanto che Rommel per scongiurare il collasso
completo del fronte, fu costretto a far scendere nel campo anche le
sue ultime riserve di Tedeschi. I contrattacchi britannici furono
anch’essi un fallimento, perché la fanteria britannica veniva
massacrata dalle truppe corazzate tedesche, dato che i carri armati
inglesi non intervenivano in tempo e dato che le condizioni delle
comunicazioni radio erano pessime.
Anche
se Rommel non fu costretto alla ritirata, la prima battaglia di El
Alamein aveva salvato l’Egitto e il Medio Oriente.
Fu
quella una delle battaglie decisive della seconda guerra mondiale.
Nel
frattempo i governi inglese e americano avevano preso una importante
decisione strategica. Invece di tentare l’invasione della Francia
nel 1942, impresa che appariva disperata con le truppe e i mezzi
disponibili allora, gli alleati sarebbero sbarcati nell’Africa
settentrionale francese e avrebbero liberato tutta la costa africana
del nord. Ciò avrebbe reso tranquillo al traffico alleato il
Mediterraneo e nello stesso tempo accontentato Stalin con l’apertura
di un secondo fronte. Con l' occupazione
dell’Algeria e della Tunisia il contesto della guerra nel
desertomutò. Lo stesso Churchill si recò al Cairo per incontrarsi con il
capo dello stato maggiore. Essendo stato abbattuto l’aereo
che riportava il generale inglese al Cairo ed essendo questi morto,
per una strana coincidenza del destino, fu nominato generale
Montgomery, uomo di leggendaria eccentricità e di intransigente
professionismo. Non aveva mai avuto comandi sul campo, non aveva mai
avuto ai propri ordini masse di forze corazzate, ed era nuovo al
deserto, ma aveva una brillante chiarezza di idee e una visione molto
realistica delle possibilità di uomini e di truppe; aveva inoltre
una capacità ineguagliabile di ridurre le questioni più complicate
ai loro elementi più semplici. Egli seppe valutare con cura la
situazione bellica, seppe organizzare le strategie adatte ad
affrontare il nemico e nella seconda battaglia di El Alamein riuscì
a sfondare il fronte nemico fino a giungere a Tripoli.
Il
23 ottobre del 1942, allorché l’ VIII armata del generale
Montgomery iniziò l’offensiva da El Alamein, si iniziò il nuovo
corso della guerra.
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