mercoledì 18 luglio 2018

le "portatrici carniche"




le "portatrici carniche" sono le donne della Carnia che accolsero la richiesta del Comando Logistico, durante la prima guerra mondiale, di trasportare in montagna, al fronte, rifornimenti. Gli uomini erano stati arruolati, 'erano rimaste loro, i vecchi e i bambini. Così, con le loro misere gerle ogni giorno , donne dai 16 ai 60 anni, all'alba cominciavano la loro marcia estenuante, che durava dalle due alle quattro ore, e che superava dislivelli dai 600 ai 1200 metri. Trasportavano viveri, armi, medicinali e materiali vari... affondavano nella neve, sfuggivano ai cecchini austriaci e al ritorno spesso trasportavano un ferito in barella... poi, tornate a casa, si occupavano dei bambini, dei vecchi, dell'orto, del campicello, della stalla, degli animali…di tutte le indispensabili e faticose occupazioni quotidiane e l'indomani di nuovo....riprendevano il cammino su’… su’ ….verso la montagna….. Costituirono un vero e proprio corpo speciale, furono dotate di un bracciale rosso, di un libretto dove segnare tutte le operazioni, specificando ogni particolare e fu loro assegnato un dato reparto da rifornire. Verso la fine della guerra furono impiegate come serventi alle artiglierie e dotate persino d'un fucile... e per tutto questo esse ricevevano come compenso per ogni viaggio 1,50 centesimi, che veniva dato loro mensilmente.
Di esse Maria Plozner Mentil giovane madre di 32 anni con quattro figli ed un marito al fronte, venne uccisa da un cecchino austriaco mentre era giunta col suo carico alla Casera Malpasso in alta montagna. Nel 1955 venne intestata a suo nome la Caserma degli Alpini di Paluzza .


Donne, spinte dalla miseria e dalla disperazione? oppure donne consapevoli e forti nella loro dedizione e nell’ amore verso figli, sposi, fratelli, padri... verso tutti coloro che in trincea vivevano una vita ancor più dura della propria? quella vita dura, cui esse erano avvezze e che, con la pronta e generosa risposta alle necessità imposte dalla guerra, crudele e spietata, non esitarono a rendere ancor più dura ? e più onesta! consumata nel silenzio e nella dignità, nella povertà di chi dell’anima possiede tutte le ricchezze, nell’eroismo celebrato da pochi ma sconosciuto ai più, nell’esercizio quotidiano della volontà che né la fredda neve né gli spari dei cecchini riuscirono ad arrestare.
 lia de vecchi

lunedì 30 aprile 2018






L'enigma di Kaspar Houser, chiamato "Il fanciullo d'Europa", non ha mai smesso di affascinare; su di lui sono stati scritti più di 3.000 libri e 14.000 articoli, sono state realizzate anche due pellicole cinematografiche e numerose pièce teatrali.


Il 26 maggio 1828 compare all'improvviso in una piazza di Norimberga, un ragazzo dall'età all'incirca di 16 anni, che sapeva dire solo pochissime parole, tra cui il proprio nome, o almeno quello che lui credeva fosse il suo.

Poteva nutrirsi solo a pane ed acqua, non conosceva l'uso delle posate; ogni impressione sensoriale gli procurava una reazione violenta e dolorosa... anche gli alberi e la natura in genere, vedeva benissimo di notte, anche gli accostamenti più difficili, e molte altre rare anomalie... Destava la curiosità di tutti che volevano vederlo, toccarlo... poi addirittura ci fu una folla di gente che andò a trovarlo , portandogli regali di ogni genere e suscitando la sua vanità.....dopo varie vicende, durante le quali Kaspar cominciò ad imparare la quasi normalità della vita quotidiana, attraverso l'amore e la dedizione di varie persone, a cominciare dal suo carceriere e della sua famiglia  (perché fu anche messo in carcere... fu fatto lavorare in un circo quasi fenomeno da baraccone...) finalmente fu affidato alle cure del prof. Daumer, uno stimato insegnante della città.

Stupisce enormemente il modo in cui Kaspar in pochi mesi abbia imparato a leggere e scrivere, ad occuparsi di musica.... e d'altro, manifestando, a 20 anni, uno spirito di sensibilità ed intelligenza assai elevate.

Bellissima la sua biografia !

Era di natura gentile e di completa innocenza e purezza morale....

Egli poté ritrovare la consapevolezza di sé e ricostruire la sua storia: aveva passato dalla primissima infanzia fino a 16 anni , l'anno in cui qualcuno lo liberò, la sua vita in una cella buia, dal tetto così basso che non poté mai per tutto quel tempo raddrizzarsi in piedi ed assumere la posizione eretta.  ( L’impossibilità di assumere la posizione eretta voleva impedirgli l’assunzione della coscienza dell’io.  Ma i fatti dimostrarono che, nel suo caso, non appena egli fu sollecitato dalle cure di chi di lui si occupò, il tentativo di impedirgli tale assunzione stava fallendo.)  Il solo contatto umano era costituito da un uomo che gli portava pane e acqua, lo puliva, gli tagliava unghie e capelli... l'unico oggetto che possedeva era un cavalluccio di legno che gli era stato donato nella sua cella da piccolo.

Kaspar fu poi tolto dalle felici mani del prof. Daumer e passò da un egregio signore all'altro: un barone, un ricco uomo d'affari, un austero maestro di scuola, un ambiguo lord, fino a quando, il 14 dicembre 1833, nel parco di Ansbach, venne pugnalato da uno sconosciuto e morì tre giorni dopo. Fu sepolto nel cimitero della cittadina bavarese.

L'attentato, per mano di un ignoto, fece crescere molti sospetti ch'egli fosse vittima di una cospirazione.

La cosa che fece e che fa ancora stupire persino la scienza è che,  pugnalato al cuore, Kaspar sia sopravissuto per 15 giorni ancora.

Commuove la testimonianza del prete che lo assistette prima della morte, il quale ha dichiarato che  Kaspar, fino alla fine,  ha avuto parole di pace e d'amore e di perdono per tutto il mondo!





Per alcuni Kaspar fu un fenomeno vivente, per altri un impostore, per qualcuno un rampollo principe del Baden, vittima sacrificale di intrighi dinastici. Anselm von Feuerbach (1775-1833), giurista fautore del principio nulla poena sine lege, se ne occupa nel suo libro omonimo, accogliendo la seconda ipotesi, che gli studi successivi riconoscono.

Rudolf Steiner, durante la sua intensa attività di conferenziere, ebbe a toccare anche lui questo argomento: egli ci parla di un principe destinato ad introdurre nel sud della Germania quella tripartizione sociale che si sarebbe diramata in tutta Europa ed avrebbe creato le condizioni di un sano processo storico, impedendo i mali tremendi vissuti dall'umanità nel '900, ed oggi ancor presenti. Correnti esoteriche negative che sapevano ciò e ne volevano impedire la realizzazione misero in piedi il diabolico piano: rapire e sostituire il principe in fasce sottoporlo alla condizione che non favorisce lo sviluppo dell'io, ossia la forzata posizione non verticale, liberarlo quando ormai ritenuto, dal proprio punto di vista ovviamente, innocuo.

Ma quando la personalità fortissima del principe sta ricostruendosi, non si trova altro modo per liberarsene che farlo fuori.
Nei giardini dove fu accoltellato gli fu eretto in seguito un monumento, con una lapide che recita: "HIC OCCULTUS OCCULTO OCCISUS EST" ("QUI UN TIPO MISTERIOSO FU UCCISO IN MODO MISTERIOS O").


 " Rudolf Steiner : «L'individualità che è stata chiamata a celarsi sotto il velo di Kaspar Hauser è un essere che ha esercitato un'azione ispiratrice sulle attività dei Rosacroce fin dall'inizio e che, in seguito, si è incarnato il 29 settembre 1812 come figlio del granduca Karl di Baden. Egli aveva un'importante missione da compiere nel quadro del Cristianesimo esoterico».
L'antroposofo Peter Tradowsky, afferma che una congregazione, presumibilmente appartenente ai gesuiti, impedì il climax epocale sperato producendo così "un'anomalia" nel corso della storia dell'umanità: questa anomalia ebbe come risultato la tragedia dei campi di sterminio nazisti.
Al di là di queste disquisizioni è interessante ricordare come, dopo tre giorni di agonia, Kaspar morì pronunciando la frase: «Il mostro è divenuto troppo grande per me».". 



giovedì 12 maggio 2016

Aspasia


Erma marmorea nei Musei Vaticani, copia romana da originale greco del V secolo a.C.



Aspasia
Aspasia è una di quelle personalità femminili del mondo antico di cui ci giungono poche notizie e, queste stesse, alquanto discordanti.
Non sempre, infatti, se ci si riferisce ad una donna di fascino e d'ingegno insieme, si è completamente obiettivi, tentendo invece o a denigrare o ad esaltare.
Ma qui si tratta, e in questo la tradizione è concorde, di un'individualità che, indipendentemente dai giudizi unilaterali, ebbe un ruolo culturale di grande importanza nell'Atene del quinto secolo a.C.
Aspasia era una donna ionia, proveniva da Mileto, e visse all'incirca tra il 470 enil 400 a.C. La sua vita si svolse ad Atene, dove conobbe Pericle e con lui intrecciò un legame sentimentale, da cui nacque un figlio.
Di Aspasia si vuole, qui, ricordare essenzialmente l'ingegno e la grande cultura. Lo stesso Plutarco, seppure a posteriori, mette di lei in rilievo piuttosto il fascino intellettuale che esercitò sullo stesso Pericle, per le sue vaste conoscenze, la saggezza e la competenza politica.
Taluni tramandano che Pericle abbia divorziaro per sposare Aspasia, altri lo ritengono improbabile per il fatto che lo stratega aveva appena varato una legge che proibiva i matrimoni con stranieri. Ma è certo che i due convissero e che Pericle concesse il divorzio alla moglie, restituendole la propria libertà.
Per alcuni, Aspasia faceva parte di quella classe di etere che rifiutavano il matrimonio in quanto condizione limitante delle libertà, con i suoi vincoli familiari e con le sue limitazioni sociali, scegliendo invece unioni non legalizzate che consentivano loro di godere delle stesse libertà degli uomini e soprattutto degli stessi interessi culturali.
Aristofane, che fu sempre nemico di Pericle, descrive Aspasia come una cortigiana di Mileto venuta ad Atene per aprirvi un lussuoso ritrovo. E a lei attribuisce la causa del dissidio, tra la stessa Atene e Megara, che sfociò nella guerra del Peloponneso: Pericle avrebbe ceduto alle richieste di Aspasia che punisse i Megalesi, rei di averle rapito delle fanciulle.
Ma Aristofane fu un commediografo, non uno storico.
Invece, venuta ad Atene, Aspasia aprì una scuola di retorica e di filosofia, cui parteciparono spose e fanciulle di ottima famiglia, che gli stessi mariti e gli stessi padri vi conducevano a frequentare i corsi da lei tenuti. E non pochi furono gli uomini d'ingegno dell'epoca che assistettero alle sue lezioni: si fanno i nomi dello stesso Pericle, di Socrate, forse anche di Anassagora, Euripide, Alcibiade e il grande scultore Fidia!
Socrate, che era ammirato della sua eloquenza, dichiara di aver appreso proprio da lei quest'arte e a lei attribuisce le parole del l'elogio funebre che Pericle pronunciò per le vittime della guerra del Peloponneso


Di fatto, Aspasia fu la stimolatrice di scambi culturali e fece della sua stessa casa una sorta di salotto come quelli settecenteschi in cui si discuteva di letteratura, filosofia, scienza, politica, una fucina di idee e un centro di insegnamento. Lei stessa fu si potrebbe dirla “regina senza corona” , esempio di libertà intellettuale e morale per le donne ateniesi.

© rosalia de vecchi


Friedrich von Amerling - mercoledì 2 febbraio 2011



Friedrich von Amerling 







 principessa Marie Franziska


la madre del pittore


Il viennese Friedrich von Amerling è uno dei più importanti ritrattisti austriaci dell’ottocento e la sua attività coincise con il periodo del Biedermmeier; tra il 1835 e il 1880 fu pittore di corte presso Francesco Giuseppe. 
Si formò in parte all’Accademia delle Belle Arti di Vienna, in parte in quella di Praga. Trascorse un anno (1827/28) a Londra, dove accolse l’influsso dei ritratti di Sir Thomas Lawrence e si recò poi, prima a Parigi in cui ebbe modo di studiare Horace Vernet e a Roma dopo, dove potè completare il propro iter formativo. 
Tornato a Vienna, fu presto accolto come pittore e ritrattista negli ambienti dell’aristocrazia locale, fino a che non divenne pittore di corte.
 Nell frattempo egli viaggiò molto per l’Europa, perfezionando la sua formazione e corrispondendo a chi gli richiedesse il favore della sua arte: dall’Olanda, la Norvegia e i paesi scandinavi fino a Capo Nord alla Germania e all’Italia, dall’Inghilterra alla Grecia, dalla Spagna fino all’Egitto e alla Palestina….
Il valore delle sue prestazioni artistiche gli valse il titolo nobiliare di cavaliere di Amerling: per cui egli divenne Friedric Ritter von Amerling e acquistò il castello di Gumpendorf a Vienna che arredò con gran gusto e fornì di numerose e preziose opere d’arte. Il livello di vita che gli conferivano la sua notorietà e il suo successo gli valse anche l’incontro con eminenti personalità del mondo culturale contemporaneo, in particolar modo letterati e musicisti; tra costoro egli ebbe modo di conoscere Franz List. Ebbe quattro mogli: due di esse morirono prematuramente, da una terza divorziò ed infine la quarta gli fu compagna per il resto della vita.
La sua produzione artistica comprende un numero ragguardevole di dipinti (circa mille!), di cui la maggior parte è costituita da ritratti, che per il segno chiaro e la ricchezza del colore vengono accostati a quelli di Ingres e che oggi sono quasi tutti conservati in Austria.
La sua arte, oltre ad avergli valso in vita vari riconoscimenti importanti come ad esempio l’Orden der Eisernen Krone, lo reso tanto celebre in patria che una strada di Vienna oggi porta il suo nome: Amerlingstrasse e che in occasione di una delle sue commemorazioni gli è stato dedicato un francobollo! 


© rosalia de vecchi





Julie Gräfin von Woyna



la Contessa di Castiglione - Virginia Elisabetta Luisa Carlotta Antonietta Teresa Maria Oldoini




Thomas Ender 




ragazza con cappello di paglia 



 Francesco I d'Austria




Francesco I d'Austria



Franz Liszt




autoritratto




 Elise Kreuzbereger.



giovane dell'est


  1. immersa nei sogni

venerdì 6 maggio 2016

-mercoledì 21 luglio 2010- i castelli sulla Loira


Castello di Amboise 

Vi nacque Carlo VIII, che nel 1492 lo fece ristrutturare ed ampliare. Centinaia di operai vi lavorarono ininterrottamente, anche a lume di candela. Scriveva l'ambasciatore fiorentino: "il re vuole fare d'un castello una città". Il re lo arredò con mobili pregiati, opere d'arte di valore, arazzi, sculture... l'immenso bottino delle sue campagne d'Italia. In questo castello in cui era nato egli morì il 7 aprile del 1498.
Francesco I gli diede nuovo splendore dopo un periodo di malinconico silenzio e i giardini si animarono di tornei e di gare e le lussuose stanze cominciarono di nuovo a risuonare di canti e di balli, di feste e delle chiacchiere di eleganti ospiti. Vi venne Leonardo con la sua Gioconda. Leonardo si stabilì nel castello di Clos-Lucé dove morì nel 1519.
Sul castello di Amboise grava l'ombra di un grave e drammatico fatto: quando un complotto di nobili protestanti che tentava di assalire i Guisa, fu scoperto e fermato, la reazione fu spietata: vennero tutti giustiziati e mandati alla forca, poi lasciati nei balconi e nei merli del castello esposti allo sguardo di chi, come il giovane re Francesco II e la moglie Maria Stuarda, vennero a guardarli compiaciuti.
Caterina dei Medici, invece, fautrice di una politica della conciliazione, aveva tentato di salvarli, ma invano poiché i Guisa non intesero ragioni.
Sebbene di origine medievale, il castello si presenta, proprio per i rimabeggiamenti e gi ampliamenti i Carlo VIII e d Francesco I

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Castello di Chenonceau

Uno splendido castello, che sorge sullo Cher, affluente della Loira, il castello di Chenonceau sorse sui resti di un antico mulino; edificato da Thomas Bohier, alla morte di questi, fu poi venduto alla famiglia reale. Divenuto residenza reale, meritò l'appelattivo di "Castello delle dame", per lo stile raffinato ed elegante di tocco squisitamente femminile. Infatti esso fu abbellito via via dalle diverse dame che lo abitarono. Esso fu donato da Enrico II alla sua affascinante amante Diana di Poitiers, che vi si stabilì. Alla morte del marito Caterina lo riprese. Vi si svolsero feste memorabili, come quelle che Caterina diede in onore del figlio Francesco II e poi anche del figlio Carlo IX: splendide fanciulle vestite da ninfe e da sirene accoglievano gli ospiti, satiri uscivano dai boschi... feste e canti e balli... battaglie navali sullo Cher.... Nel 1577 vi fu accolto con ancora più sfarzo il terzo figlio di Caterina, "la luce dei suoi occhi", Enrico III. "Le più belle e oneste dame della corte" - scrive un cronista dell'epoca - "seminude e con i capelli sciolti come spose, furono impiegate nel servizio assieme alle figlie della regina.".
Oggi il castello ospita pregiate opere di artisti francesi, opere di Rubens e di Correggio.
Durante la prima guerra mondiale fu ospedale per i feriti e durante la seconda offrì una via di scampo dal territorio sottomesso al governo di Vichy.




Castello di Chenonceau
veduta dallo Cher




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Castello di Chambord
Francesco I lo volle far sorgere in un angolo dell'immensa foresta di Boulogne, ricca di selvaggina. Pare che anche Leonardo abbia contribuito al progetto. I lavori durarono vent'anni e quando il re morì non erano ancora stati completati. Francesco progettava di far deviare la Loira per farla scorrere ai piedi di questo meraviglioso castello, ma egli stesso si rese conto della difficoltà di realizzare questo suo sogno e abbandonò l'idea. I lavori continuarono sotto Enrico II, ma il castello fu poco frequentato. Talvolta vi andava Caterina con i figli, poi Carlo IX vi andò per le sue lunghe battute di caccia.



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Castello di Blois
Disposta su un promontorio roccioso sulla riva destra della Loira la piccola cittadina di Blois divenne presto un luogo d'importanza strategica. Luigi XII ne fece la capitale del regno e del castello fece la sua residenza.
Francesco I avvalendosi di artisti italiani vi fece aggiungere l'edificio che ha il suo nome e che costituisce uno dei capolavori del Rinascimento francese.
Anche questo castello come quello di Amboise è legato alla memoria di tristi episodi delle lotte religiose, tra cui l'assassinio del duca di Guisa.
Con la morte di Caterina il Rinascimento francese ebbe fine e con esso le magiche feste ma anche le fosche tragedie di un periodo storico che ebbe le sue quinte ed il suo proscenio tra i castelli sorgenti dall'acque della Loira.
"Cogliete per tempo le rose della vita" diceva Pierre de Ronsard, il poeta che ben interpretava il senso della vita, quale allora si configurava come abbandono epicureo tinto di malinconiche dolcezze.

© rosalia de vecchi