La
giovinezza di Caterina dei Medici
A
Firenze, il 13 aprile dell’anno 1519, nasceva la piccola Caterina dei Medici. Il
destino la volle orfana fin dalla nascita: la madre, Maddalena de la Tour
d’Auvergne, principessa francese di sangue reale, morì pochi giorni dopo averla
data alla luce; il padre, Lorenzo dei Medici, duca di Urbino, nipote del
Magnifico, moriva subito dopo, il 4 maggio. Si dice che entrambi i genitori
siano morti probabilmente di peste.
Caterina fu affidata alla nonna paterna,
Alfonsina Orsini, e dunque fu portata a Roma. Alla morte della nonna fu
cresciuta prima dalla zia Clarice Strozzi e poi dalla prozia Lucrezia
Salviati. Fu la zia Clarice che, durante
l’infanzia, le fece da madre, allevandola insieme alla sua numerosa prole,
sette maschi e tre femmine, nella splendida villa medicea di Poggio a Caiano,
villa che il bisnonno Lorenzo il Magnifico aveva fatto erigere su progetto del
Sangallo. Ma se Poggio a Caiano aveva resistito alla calata dei Lanzichenecchi
nel 1527, non resistette ai rivoltosi fiorentini, che, cacciati i Medici dalla città, tolsero Caterina
alla zia e la tennero in ostaggio chiudendola in convento. Caterina passò dalle
domenicane di Santa Lucia al convento di Santa Caterina e poi al monastero
delle Murate, nella più rigida clausura, simile a prigionia. Il convento tuttavia la salvò dal pericolo di
venire o esposta ai colpi dell’artiglieria e lasciata morire in odio ai Medici,
oppure rinchiusa in un bordello per essere macchiata per sempre, allo scopo di
togliere allo zio, Papa Clemente VII, la speranza di unirla in matrimonio con
qualche principe importante e trarre da questo matrimonio dei benefici
politici.
Clemente VII, infatti, progettava di trarre
dalla nipote, che orfana si prestava bene a diventare per lui “inconsapevole
oggetto di scambio”, dei benefici diplomatici; per questo più tardi
intavolò lunghe trattative con Francesco
I re di Francia , cui pure stava a cuore un’alleanza con il Papa allo scopo di limitare
la potenza di Carlo V.
Quando nel 1530 i Fiorentini deposero le
armi, la piccola fu trasferita a Roma, dove visse con la prozia Lucrezia,
sembra a Palazzo Medici, oggi Palazzo Madama, e, d’estate, nella villa costruita
da Giulio Romano su disegno di Raffaello per Clemente VII, Villa Madama.
Durante questo periodo Caterina visse tra le opere di Raffaello e di Michelangelo - Le Stanze… la Cappella Sistina…- e maturò il gusto per l’arte e per il senso della bellezza. Tra i Giardini Vaticani e la Biblioteca dei Medici che Leone X, suo prozio, aveva trasferito a Roma, Caterina nutriva eccellentemente la propria sensibilità e l’intelletto.
Durante questo periodo Caterina visse tra le opere di Raffaello e di Michelangelo - Le Stanze… la Cappella Sistina…- e maturò il gusto per l’arte e per il senso della bellezza. Tra i Giardini Vaticani e la Biblioteca dei Medici che Leone X, suo prozio, aveva trasferito a Roma, Caterina nutriva eccellentemente la propria sensibilità e l’intelletto.
A Roma
c’era anche suo cugino, il Cardinale Ippolito, di soli vent’anni, bello,
affascinante, dall’aria malinconica, poeta e abile nel canto e nel suonare il
flauto e la cetra. La giovanissima Caterina ne era attratta ed anche lui
avrebbe rinunciato al sacerdozio per sposarla anche perché questo matrimonio
avrebbe rafforzato la sua futura autorità. Ma non erano questi i progetti di
Clemente VII e perciò questo matrimonio non avrebbe mai avuto luogo. Clemente
meditava nozze con Federico Gonzaga o Guidobaldo della Rovere, principe di
Urbino….quando si presentò l’occasione di allearsi con il re di Francia ed
allora quale miglior matrimonio per Caterina che quello con Enrico di Valois,
figlio di Francesco I di Francia?
Caterina, piccola di statura, magra, dagli
occhi sporgenti come la maggior parte dei
Medici, allegra e vivace, ignara del destino che si tramava per lei,
trasferitasi a Firenze nel 1532, stava scoprendo il piacere delle feste, delle
cavalcate, della compagnia della nobiltà fiorentina dallo spirito arguto,
mentre si preparavano per lei le nozze e il 1° settembre dell’anno successivo
partita infatti da Firenze, Caterina arrivò a Portovenere, dove il duca
d’Albany con una flotta di ben ventisei navi l’attendeva per condurla in
Francia. Il Papa si unì al convoglio a Villefranche. Giunsero a Marsiglia l’11 ottobre, salutati
da trecento cannoni e da un assordante clamore di campane a festa. L’ingresso
nella città fu trionfale. Fu costruito un castello provvisorio in legno sulla
Piazza Nuova per ospitarli e qui Francesco I con la moglie Eleonora, sorella di Carlo V, scortato da
duecento uomini e trecento arcieri venne in visita al Papa e i due ultimarono
le trattative in base alle quali si
decideva la conquista del ducato di
Milano e quello di Urbino per il giovane sposo, inoltre il Papa avrebbe
concesso al re Parma e Piacenza.
I due futuri sposi, entrambi quattordicenni,
s’incontrarono per la prima volta il 23 ottobre. Il 27 diedero il consenso
ufficiale alle nozze e fu firmato il contratto di matrimonio. Il giorno dopo la
messa e la benedizione degli anelli. Poi la festa; a mezzanotte Eleonora
condusse Caterina nella camera nuziale, il cui letto era costato per la decorazione
60 mila scudi.
Ma quel matrimonio, che non era stato un
matrimonio d’amore, non nasceva sotto buoni auspici: quello stesso anno infatti
1533, in luglio, era apparsa infatti una cometa.
Celebrate le nozze tra i due adolescenti,
Clemente ripartì per Roma, dove presto dimenticò i patti con Francesco I e ricevette in Vaticano l’inviato
di Carlo V. Il re di Francia avrebbe voluto protestare ma il Papa moriva
all’inizio del nuovo anno e con lui scompariva anche ogni progetto concordato
con le nozze.
“Ho avuto la ragazza completamente nuda” pare
abbia esclamato Francesco I.
Nel frattempo la giovinetta futura regina di
Francia, con la famiglia reale raggiunse Parigi dove Caterina familiarizzò
con la corte più sfarzosa e brillante d’Europa oltre che con l’adolescente
marito, dal quale però si accorse presto non avrebbe mai avuto l’amore. Enrico,
pur robusto di corporatura, era pallido e malinconico, preso dalle sue strane
fantasie e dalle letture dei romanzi cavallereschi, ancora sotto gli effetti
devastanti della dura prigionia subita insieme al fratello nelle carceri
spagnole. Nella sua mente e nel regno evanescente del suo sognare dominava
sovrana la giovane vedova del grande siniscalco di Normandia, Luigi di Brezé:
l’elegante ed affascinante Diana di Poitiers. Col suo lutto in bianco e nero,
con i suoi modi pieni di aggraziato e raffinato riserbo ma matura ed esperta
della vita, Diana accendeva l’animo di Enrico, che per lei partecipava a tornei,
giostre, gare di ogni tipo, secondo le usanze dei suoi tempi, per conquistare
un suo sorriso! Caterina, che fin dall’infanzia si era distinta per il buon
carattere, esercitava la sua pazienza e dissimulava la gelosia; tutti a corte
l’amavano e soprattutto la sorella del re e le cognate, ma più di ogni altra
la stessa regina, che, assuefatta a dover subire l’arroganza della duchessa
Anna d’Heilly, l’amante di Francesco, le fu
di grande sostegno con i suoi saggi consigli.
Nel frattempo, però, Caterina conduceva una
vita molto piena di impegni di vario tipo: le visite ai numerosi cantieri
aperti, quali Chambord e
Fontainebleau, affollati di artisti
italiani, in mezzo ai quali si sentiva a proprio agio… la brillante e fastosa vita
di corte….. il fascino dell’importante e attivo suocero, disinvolto diplomatico
e scaltro politico… esperienze tutte che si sarebbero dimostrate un giorno a
lei molto utili. Infatti, morto
improvvisamente durante una campagna militare contro Carlo V il delfino di
Francia, Francesco, la successione passava ad Enrico e Caterina si preparava ad occupare il trono più
prestigioso d’Europa. Nel frattempo, però, il suo cuore di donna diveniva
sempre più solo: Enrico da amante platonico era diventato amante ufficiale
della contessa Diana. Caterina non solo non gli offriva le grazie travolgenti e
mature della splendida amante ma non gli dava nemmeno un erede al trono.
L’ambasciatore di Venezia scriveva che Caterina era amata da Enrico e da
Francesco come dalla corte tutta a tal punto che “non si troverebbe una persona
che non si lascerebbe cavare il sangue per farle avere un figlio”. Enrico aveva
avuto una figlia da una ragazza di Moncalieri, una bambina che aveva affidato
alle cure di Diana; cominciavano a circolare voci che consigliavano il ripudio
della sterile sposa italiana ma il re, cha apprezzava la sua intelligenza e la
sua cultura, il suo ardimentoso coraggio nell’inseguire orsi e cinghiali, la
difese ed anche Diana era dalla sua parte non avendo intenzione alcuna di
passare dalla condizione privilegiata di amante a quella di prolifica moglie.
Caterina consultava medici astrologhi alchimisti, ricorreva a farmaci e droghe,
filtri e talismani…Il 19 febbraio del 1544 ( 11 anni dopo le nozze!) nacque il
primo degli 11 figli di Caterina dei Medici, dei quali sarebbero sopravissuti
solo 7. Tre anni dopo, con la morte di Francesco I e l’ascesa al trono di
Enrico, Caterina ormai poteva contare solo su se stessa. Di fatto la vera
regina era ora Diana: ogni decisione veniva presa da lei e dai cinque membri
del Consiglio del re, era lei però la vera arbitra della situazione. A lei
andavano i cospicui doni elargiti da Francesco I alla sua amante, il castello
di Chenonceau che prima questa stessa poi Caterina resero una delle più ammirate
residenze del Rinascimento francese, e a lei andarono i gioielli della corona e
vari proventi, tra cui le tasse sulle campane, cosa che fece scrivere a Rabelais
la famosa frase: “Il re ha appeso tutte le campane del regno al collo della sua
giumenta.”. Enrico II aveva messo il
regno nelle mani della sua amante e le preoccupazioni di Caterina erano più che
fondate. L’ambasciatore del duca di
Ferrara, Alvarotti, scriveva: E’ impossibile vedere Sua Maestà occuparsi d’altro
se non di corteggiare a tutte le ore la siniscalca…”. Nonostante Diana
arrivasse ai 50 anni e il re ne avesse una trentina la bellezza di lei si
manteneva inalterata e la passione di lui intatta, come il primo giorno. A
parte il formale ossequio alla regina, di fatto era Diana la più ammirata e
famosa nelle cerimonie ufficiali e gli
artisti celebrarono la sua bellezza come quella di una dea.
Tra Caterina e Diana, tuttavia, nel tempo e
relativamente ad alcune vicende della vita del re, si stabilì una certa
“alleanza”, come ad esempio quando Enrico ebbe una relazione con Lady Fleming,
la bionda seducente vedova scozzese, governante della piccola Maria Stuarda,
durante il suo soggiorno inglese,
relazione dalla quale nacque un bambino. Le due donne non esitarono in
un’azione congiunta a indurla ad
abbandonare l’Inghilterra.
Ma
Caterina ormai cominciava a doversi muovere in un ambito di necessità più
gravi, quelle di natura politica. Il re, impegnato con Diana le sue scappatelle
amorose e soprattutto con le sue guerre contro Carlo V, lasciava sempre più
spesso a corte un vuoto di governo che era indispensabile colmare e Caterina dava
così inizio alle sue prime esperienze in questo ambito, esperienze che le
sarebbero state preziose quando, vedova di Enrico, avrebbe dovuto difendere il regno per i suoi tanti figli. C’era, infatti, da difenderlo sia da
nemici esterni che da nemici interni: il Luteranesimo che si andava diffondendo
sempre più e il movimento degli Ugonotti che Enrico definiva i “nemici della
tranquillità e dell’unità dei Cristiani. Enrico dovette affrettarsi a
concludere la pace con la Spagna e, in questa circostanza, la restituzione del
Piemonte, consigliata dalla stessa Diana, aveva mandato Caterina su tutte le
furie, poiché non tollerava una così umiliante pace. Amareggiata si ritirò nei
suoi appartamenti a leggere la Storia della Francia. A Diana
che era andata a farle visita e
le aveva chiesto cosa stesse leggendo, Caterina rispose che stava scoprendo
come nella storia di Francia erano state
le donne come lei ad aver diretto
gli affari dei re e le voltò le spalle.
La notte tra il 29 e il 30 giugno 1559 Caterina aveva sognato il
marito ferito e sanguinante. Sia Nostradamus, che aveva previsto la morte di
Enrico in un torneo, sia un vescovo astrologo italiano, che anni prima aveva
sconsigliato Enrico di partecipare ai tornei, oltre che questo suo recente
sogno, inducevano la regina ad insistere presso lo sposo affinché si astenesse
dalla partecipazione ai tornei; ma Enrico non volle prendere in considerazione
queste raccomandazioni e questi presagi e affrontò dopo pochi giorni in un torneo il capitano delle sue guardie scozzesi
, Gabriel de Montgomery. Uno scontro brutale, una ferita mortale, vani
tentativi di salvezza…. la morte giunse presto: era il pomeriggio del 10 luglio
1559.
Con la
tragica morte di Enrico II, aveva inizio il lungo regno della regina-madre Caterina
di Francia, un regno denso di eventi e di circostanze di difficile
gestione, cui però la degna nipote di
illustri personaggi di un’altrettanta illustre casata seppe ben tener testa.
© rosalia de vecchi
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