Nella Parigi della
fine del 18° secolo il teatro ebbe un posto di primo piano. Persino la
frequentazione dei salotti letterari era subordinata a quella dei teatri.
Voltaire, che amò molto il teatro tanto che durante la sua convivenza con
Émilie du Châtelet nel castello di Cirey, nella Champagne, se ne fece costruire
uno dove rappresentare le sue opere e dove poter far recitare Emily, ch’egli
riteneva attrice eccellente, dotata di una “voix divine”, diceva a Marmontel
nel 1745:
“Il teatro è la carriera più affascinante di tutte; qui puoi ottenere in un solo giorno gloria e fortuna, basta un solo successo a rendere un uomo ricco e celebre.” .
Dappertutto, anche in provincia, vi erano teatri. I ricchi avevano teatri privati. Ma Parigi era il centro più vivace, dove il Théâtre-Français con la Comédie-Française , il Théâtre des Italiens e l’Opéra Comique, oltre che l’Opéra del Palais- Royal, erano sempre affollati : i privilegiati in comode poltrone ed eleganti palchi, il pubblico comune in piedi nello spazio oggi chiamato platea.
“Il teatro è la carriera più affascinante di tutte; qui puoi ottenere in un solo giorno gloria e fortuna, basta un solo successo a rendere un uomo ricco e celebre.” .
Dappertutto, anche in provincia, vi erano teatri. I ricchi avevano teatri privati. Ma Parigi era il centro più vivace, dove il Théâtre-Français con la Comédie-Française , il Théâtre des Italiens e l’Opéra Comique, oltre che l’Opéra del Palais- Royal, erano sempre affollati : i privilegiati in comode poltrone ed eleganti palchi, il pubblico comune in piedi nello spazio oggi chiamato platea.
Nonostante la
passione e l’entusiasmo per il teatro, la condizione degli attori, migliorata
socialmente ed economicamente in seguito all’interesse per il genere dimostrato
dai nobili e dallo stesso re, non era migliorata nei confronti della Chiesa,
che si irrigidiva nei suoi pregiudizi negativi continuando a vedere nella loro
attività una fonte di esempi scandalosi e che infatti li scomunicava, così che
essi morendo non potevano ricevere sepoltura in terra consacrata, vale a dire
in nessun cimitero di Parigi.
Voltaire si batté molto per rivendicarne i diritti, ma con scarso successo.
L’assurdità di questa situazione era che, mentre lo stesso re ordinava loro delle commedie e li pagava anche bene, la Chiesa li scomunicava ipso facto. Voltaire a tal proposito scriveva:
“… il re comanda loro di recitare ogni sera, mentre le leggi ecclesiastiche impedirebbero loro di recitare assolutamente. Se non recitano vengono gettati in prigione, e se recitano vengono gettati nelle fogne.”.
Voltaire si batté molto per rivendicarne i diritti, ma con scarso successo.
L’assurdità di questa situazione era che, mentre lo stesso re ordinava loro delle commedie e li pagava anche bene, la Chiesa li scomunicava ipso facto. Voltaire a tal proposito scriveva:
“… il re comanda loro di recitare ogni sera, mentre le leggi ecclesiastiche impedirebbero loro di recitare assolutamente. Se non recitano vengono gettati in prigione, e se recitano vengono gettati nelle fogne.”.
Un esempio di questa
contraddizione ci è fornito dalla vita e dalla morte della più grande attrice
dell’epoca presa in esame:
Adrienne Lecouvreur.
Nata il 5 aprile del 1692 presso Reims, da genitori di umile condizione: il padre era cappellaio, la madre lavandaia; a 10 anni si trasferì con la famiglia a Parigi nei pressi del Théâtre-Français, dove spesso entrava e vi ammirava le attrici, che presto imparò ad imitare molto bene. A soli 14 anni si unisce ad una piccola compagnia filodrammatica formatasi, o forse da lei stessa creata, nel quartiere, e così cominciò ad esibirsi nei teatri privati. La sua interpretazione di Paolina nel Poliuto di Corneille fu notata da Madame Du Guè, una dama dell’aristocrazia parigina, che la invitò nel suo palazzo, e qui la replica le ottenne un grandissimo successo, oltre che l’attenzione del maestro Le Grand che le diede lezioni di recitazione e nel contempo le procurò un posto in una compagnia che recitava a Strasburgo.
Così, per una decina d’anni di tournée in tournée interpretò svariate parti nei teatri di provincia; commosse la giovane sposa di Luigi XV quando recitò in presenza sua e del re. Nel maggio del 1717 debuttò con grande successo alla Comédie Francaise. Vi rimase attrice fissa per tredici anni, durante i quali si esibì con successo in 1184 rappresentazioni. Ne divenne la signora indiscussa. Come spesso accade, per questo ebbe nemiche diverse attrici della Comédie, gelose del suo successo; tra cui la Duclos.
Unendo alla bravura eleganza e raffinatezza, riscuoteva molta ammirazione ed era assai richiesta nei salotti di Parigi. Non era bella né regolare di lineamenti, ma dotata di un’indescrivibile grazia di portamento e di modi, affascinava con la straordinaria musicalità della sua voce, con il lampo di fuoco dei suoi occhi scuri e con l’espressione mutevole del suo volto. Tutto nel suo muoversi esprimeva la sua personalità o, sulle scene, quella del personaggio che interpretava.
Scelse di non aderire a quel tipo di recitazione solenne e alquanto declamatoria delle attrici che l’avevano preceduta ma di mantenersi naturale sia nella parola che nelle movenze, ma restò assai ferma e scrupolosamente attenta nel badare ad articolare le parole molto bene e in modo che la sua voce venisse sentita fin negli angoli più lontani.
Pur se la sua carriera fu breve, la Lecouvreur riuscì a portare una vera rivoluzione nell’arte della recitazione, sia per la profondità del suo sentire che per l’eccellente sua arte espressiva che la rese capace di portare sulle scene i diversi sentimenti dell’animo umano: la tenerezza, la passione, il pathos, il terrore… Se questa sua scelta di stile fu giudicata come eccesso di modernismo da alcuni, fu anche, e di fatto, ispirazione feconda per numerosi attori che da lei e dal superamento della tradizione seppero condurre avanti un’evoluzione dell’arte drammatica. Mirabile interprete dei grandi ruoli tragici, il pubblico e la critica vollero sempre vederla soprattutto ad essi connessa.
La contraddistingueva una dote piuttosto rara: quella di saper ascoltare gli altri con attenzione e comprensione. Gli uomini, specialmente giovani, si innamoravano di lei. Qualcuno perdeva la testa per lei. Molto bella la storia del conte d’Argental che a 85 anni scoprì la lettera da lei mandata a sua madre molti anni prima, quando, a causa del suo amore per Adrienne, questa temette che la chiedesse in sposa, e perciò decise di mandarlo in colonia.
“ Gli scriverò qualsiasi cosa voi vorrete. Se lo desiderate non lo rivedrò più, ma non minacciate di mandarlo all’altro capo del mondo. Egli può essere utile al suo paese, può essere la gioia dei suoi amici, e dare a voi soddisfazioni e gloria; non avete che da indirizzare le sue capacità e lasciare agire le sue virtù.”.
Il conte d’Argental fu infatti consigliere del Parlamento di Parigi.
Questa attrice di spiccata personalità artistica fu anche una donna e, come tale, conobbe tutte le gioie e le esaltazioni dell’amore, ma anche tutti i suoi dolori e gli abbandoni: ebbe molti amori, fin da giovinetta! E dell’amore ebbe il frutto, divenendo madre a 18 e a 24 anni. Fu molto amica di Voltaire, qualcuno dice: “più che amica”. Di Voltaire recitò l’Edipo. Il rapporto sentimentale che la coinvolse di più fu quello con Maurizio di Sassonia, con cui ebbe un legame duraturo ma finito con la lontananza e il tradimento di lui. Maurice de Saxe, non ancora famoso per le sue vittorie militari, ma giovane bello e romantico, assisteva alle sue interpretazioni sceniche, se ne innamorò e le giurò eterno amore. Lei ne accettò l’amore che ricambiò con pari ardore e vissero insieme anni di tenerezza e fedeltà tali che in loro gli amici videro le due tortore innamorate di La Fontaine. Ma Maurice, già maresciallo di campo, aveva un sogno: crearsi un rewgno. Partiva e andava in Curlandia; da lui lontana, Adrienne rendeva sempre più brillante il suo salotto parigino, frequentato da uomini eccellenti che ammiravano e apprezzavano non soltanto il suo delizioso garbo ma anche la sua acuta intelligenza: Voltaire, Fontenelle, d’Argental, … e donne prestigiose. Maurice tornò finalmente: sconfitto e… non più innamorato. Ora i suoi ardori erano diretti verso altre donne: Luisa di Lorena, duchessa de Bouillon, che lo corteggiava senza ritegno. Sulle scene, durante l’interpretazione della Fedra di Racine, Adrienne le indirizzò i versi:
“ Non sono una di quelle donne sfrontate
Che, mantenendo nel delitto, una pace tranquilla,
hanno imparato a mostrare una fronte che non sa arrossire.”.
Adrienne non molto tempo dopo fu informata da un abate pittore, Siméon Bouret, che due agenti mascherati di una dama di corte avevano tentato di persuaderlo a somministrarle del veleno in cambio di una lauta ricompensa. Adrienne denunciò il fatto alla polizia, che trattenne l’abate fino a che lei stessa non scrisse una lettera nella quale ne chiese la liberazione. L’abate, tuttavia, non ritrattò mai la sua dichiarazione.
Nel febbraio del 1730 l’attrice cominciò ad accusare disturbi semprew più frequenti di dissenteria. Svenne anche durante una recitazione. Era il 15 arzo, quando, pur con pochissime forze, portò a termine l’interpretazione di Giocasta nell’Edipo di Voltaire. Due giorni dopo fu a letto in preda ad un’emorragia mortale. La Chiesa le rifiutò i sacramenti e la sepoltura in terreno consacrato.
Maurice non venne a salutarne la dipartita, ma Voltaire la tenne tra le braccia durante il trapasso ed un amico assoldò due portatori di torce per accompagnare le sue spoglie con una carrozza da nolo e inumarle clandestinamente lungo le rive della Senna.
In quel punto ora vi è la la rue de Bourgogne.
In quello stesso anno, 1730, l’attrice inglese Anne Oldfield venne sepolta con pubblici onori nell’Abbazia di Westminster.
Voltaire scrisse un poema intitolato “la morte di mademoiselle Lecouvreur”, in cui dice che colei che aveva affascinato il mondo con la sua arte, era stata punita da un’indegna sepoltura ma, onorata dal suo canto e consacrata agli dei è divenuta ora un nuovo tempio.
Adrienne Lecouvreur.
Nata il 5 aprile del 1692 presso Reims, da genitori di umile condizione: il padre era cappellaio, la madre lavandaia; a 10 anni si trasferì con la famiglia a Parigi nei pressi del Théâtre-Français, dove spesso entrava e vi ammirava le attrici, che presto imparò ad imitare molto bene. A soli 14 anni si unisce ad una piccola compagnia filodrammatica formatasi, o forse da lei stessa creata, nel quartiere, e così cominciò ad esibirsi nei teatri privati. La sua interpretazione di Paolina nel Poliuto di Corneille fu notata da Madame Du Guè, una dama dell’aristocrazia parigina, che la invitò nel suo palazzo, e qui la replica le ottenne un grandissimo successo, oltre che l’attenzione del maestro Le Grand che le diede lezioni di recitazione e nel contempo le procurò un posto in una compagnia che recitava a Strasburgo.
Così, per una decina d’anni di tournée in tournée interpretò svariate parti nei teatri di provincia; commosse la giovane sposa di Luigi XV quando recitò in presenza sua e del re. Nel maggio del 1717 debuttò con grande successo alla Comédie Francaise. Vi rimase attrice fissa per tredici anni, durante i quali si esibì con successo in 1184 rappresentazioni. Ne divenne la signora indiscussa. Come spesso accade, per questo ebbe nemiche diverse attrici della Comédie, gelose del suo successo; tra cui la Duclos.
Unendo alla bravura eleganza e raffinatezza, riscuoteva molta ammirazione ed era assai richiesta nei salotti di Parigi. Non era bella né regolare di lineamenti, ma dotata di un’indescrivibile grazia di portamento e di modi, affascinava con la straordinaria musicalità della sua voce, con il lampo di fuoco dei suoi occhi scuri e con l’espressione mutevole del suo volto. Tutto nel suo muoversi esprimeva la sua personalità o, sulle scene, quella del personaggio che interpretava.
Scelse di non aderire a quel tipo di recitazione solenne e alquanto declamatoria delle attrici che l’avevano preceduta ma di mantenersi naturale sia nella parola che nelle movenze, ma restò assai ferma e scrupolosamente attenta nel badare ad articolare le parole molto bene e in modo che la sua voce venisse sentita fin negli angoli più lontani.
Pur se la sua carriera fu breve, la Lecouvreur riuscì a portare una vera rivoluzione nell’arte della recitazione, sia per la profondità del suo sentire che per l’eccellente sua arte espressiva che la rese capace di portare sulle scene i diversi sentimenti dell’animo umano: la tenerezza, la passione, il pathos, il terrore… Se questa sua scelta di stile fu giudicata come eccesso di modernismo da alcuni, fu anche, e di fatto, ispirazione feconda per numerosi attori che da lei e dal superamento della tradizione seppero condurre avanti un’evoluzione dell’arte drammatica. Mirabile interprete dei grandi ruoli tragici, il pubblico e la critica vollero sempre vederla soprattutto ad essi connessa.
La contraddistingueva una dote piuttosto rara: quella di saper ascoltare gli altri con attenzione e comprensione. Gli uomini, specialmente giovani, si innamoravano di lei. Qualcuno perdeva la testa per lei. Molto bella la storia del conte d’Argental che a 85 anni scoprì la lettera da lei mandata a sua madre molti anni prima, quando, a causa del suo amore per Adrienne, questa temette che la chiedesse in sposa, e perciò decise di mandarlo in colonia.
“ Gli scriverò qualsiasi cosa voi vorrete. Se lo desiderate non lo rivedrò più, ma non minacciate di mandarlo all’altro capo del mondo. Egli può essere utile al suo paese, può essere la gioia dei suoi amici, e dare a voi soddisfazioni e gloria; non avete che da indirizzare le sue capacità e lasciare agire le sue virtù.”.
Il conte d’Argental fu infatti consigliere del Parlamento di Parigi.
Questa attrice di spiccata personalità artistica fu anche una donna e, come tale, conobbe tutte le gioie e le esaltazioni dell’amore, ma anche tutti i suoi dolori e gli abbandoni: ebbe molti amori, fin da giovinetta! E dell’amore ebbe il frutto, divenendo madre a 18 e a 24 anni. Fu molto amica di Voltaire, qualcuno dice: “più che amica”. Di Voltaire recitò l’Edipo. Il rapporto sentimentale che la coinvolse di più fu quello con Maurizio di Sassonia, con cui ebbe un legame duraturo ma finito con la lontananza e il tradimento di lui. Maurice de Saxe, non ancora famoso per le sue vittorie militari, ma giovane bello e romantico, assisteva alle sue interpretazioni sceniche, se ne innamorò e le giurò eterno amore. Lei ne accettò l’amore che ricambiò con pari ardore e vissero insieme anni di tenerezza e fedeltà tali che in loro gli amici videro le due tortore innamorate di La Fontaine. Ma Maurice, già maresciallo di campo, aveva un sogno: crearsi un rewgno. Partiva e andava in Curlandia; da lui lontana, Adrienne rendeva sempre più brillante il suo salotto parigino, frequentato da uomini eccellenti che ammiravano e apprezzavano non soltanto il suo delizioso garbo ma anche la sua acuta intelligenza: Voltaire, Fontenelle, d’Argental, … e donne prestigiose. Maurice tornò finalmente: sconfitto e… non più innamorato. Ora i suoi ardori erano diretti verso altre donne: Luisa di Lorena, duchessa de Bouillon, che lo corteggiava senza ritegno. Sulle scene, durante l’interpretazione della Fedra di Racine, Adrienne le indirizzò i versi:
“ Non sono una di quelle donne sfrontate
Che, mantenendo nel delitto, una pace tranquilla,
hanno imparato a mostrare una fronte che non sa arrossire.”.
Adrienne non molto tempo dopo fu informata da un abate pittore, Siméon Bouret, che due agenti mascherati di una dama di corte avevano tentato di persuaderlo a somministrarle del veleno in cambio di una lauta ricompensa. Adrienne denunciò il fatto alla polizia, che trattenne l’abate fino a che lei stessa non scrisse una lettera nella quale ne chiese la liberazione. L’abate, tuttavia, non ritrattò mai la sua dichiarazione.
Nel febbraio del 1730 l’attrice cominciò ad accusare disturbi semprew più frequenti di dissenteria. Svenne anche durante una recitazione. Era il 15 arzo, quando, pur con pochissime forze, portò a termine l’interpretazione di Giocasta nell’Edipo di Voltaire. Due giorni dopo fu a letto in preda ad un’emorragia mortale. La Chiesa le rifiutò i sacramenti e la sepoltura in terreno consacrato.
Maurice non venne a salutarne la dipartita, ma Voltaire la tenne tra le braccia durante il trapasso ed un amico assoldò due portatori di torce per accompagnare le sue spoglie con una carrozza da nolo e inumarle clandestinamente lungo le rive della Senna.
In quel punto ora vi è la la rue de Bourgogne.
In quello stesso anno, 1730, l’attrice inglese Anne Oldfield venne sepolta con pubblici onori nell’Abbazia di Westminster.
Voltaire scrisse un poema intitolato “la morte di mademoiselle Lecouvreur”, in cui dice che colei che aveva affascinato il mondo con la sua arte, era stata punita da un’indegna sepoltura ma, onorata dal suo canto e consacrata agli dei è divenuta ora un nuovo tempio.
© rosalia de vecchi
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