lunedì 21 marzo 2016



Milano 21 marzo 1931 - Milano 1 novembre 2009



La “piccola ape furibonda”, come lei stessa si diceva, nasceva il 21 marzo 1931 a Milano, dando inizio a questo suo passaggio sulla terra, dove ha potuto sperimentare il mistero dell’essere donna e la dolcezza di madre, la profondità dell’amore e la gioia del canto, l’acuto dolore nella solitudine della “follia” e la sofferenza umana nella compassione solidale verso ogni suo simile. 
A lei, che già fanciulla faceva dire a Pier Paolo Pasolini: “Ché di fonti per la bambina Merini non si può certo parlare: e di fronte alla spiegazione di questa precocità, di questa mostruosa intuizione di una influenza letteraria perfettamente congeniale, ci dichiariamo disarmati.”, e che, respinta in Italiano, non poté frequentare il liceo Manzoni, dovendosi iscrivere ad una scuola professionale, “Qualcuno di lei più in alto” aveva profuso “il dono della poesia”, dono del quale Alda Merini, ormai ritenuta tra le più significative ed importanti della letteratura italiana, e non solo, degna di poter accedere al premio Nobel, seppe fare offerta di valore prezioso a noi che leggiamo, amiamo e meditiamo i suoi versi, i quali, come le opere dei “grandi”, scaturiscono dalle sorgenti misteriose del mondo della poesia, mondo nel quale il “divino” ha impresso i suoi pensieri di Verità.
 E’ al Poeta che è dato l’alto compito di fare da tramite tra le sorgenti del Vero e l’uomo, e il sorriso ridente e “innocente” come quello d’un bambino, che si poteva leggere negli occhi di Alda Merini fino alla fine dei suoi giorni, ci testimonia, come anche la bellezza seducente di ogni suo verso, che Lei è stata un’ eletta.
 Ha forse dovuto accettare il dolore – il dolore va accettato, diceva- e i periodi di “follia” alternati a stati di normale coscienza, perché le vie di accesso alle sorgenti dell’arte rimanessero sempre aperte durante tutta la sua vita? 
Non un verso, nelle sue tante opere, che sia privo di bellezza formale e, nel contempo, di contenuto elevato; non una parola che non arrivi al cuore di chi legge o ascolta le sue poesie.
Lei e la sua poesia hanno vissuto come Francesco, di cui Alda diceva: “Sono un guerriero / che corre senza cavallo, / coi miei piedi sudati e stanchi /verso il traguardo di Dio.”.

“Se tutto un infinito
Ha potuto raccogliersi in un corpo
Come da un corpo
Di sprigionare non si può l’immenso?” 

Ed ora che dal suo corpo, che raccoglieva in sé l’infinito, sprigiona l’immenso, Alda ci lascia la sua eredità spirituale:


“Bambino, se trovi l’aquilone della tua fantasia

legalo con l’intelligenza del cuore.
Vedrai sorgere giardini incantati
e tua madre diventerà una pianta
che ti coprirà con le sue foglie.
Fa delle tue mani due bianche colombe
che portino la pace ovunque
e l’ordine delle cose.
Ma prima di imparare a scrivere
guardati nell’acqua del sentimento.”
Con amore e immensa gratitudine .


© lia de vecchi

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