venerdì 1 aprile 2016

Glastonbury fu l'"isola di Avalon"?

Glastonbury fu l'"isola di Avalon"?



qui si pensa sepolto il grande re Artù

A 30 miglia a sud di Bristol, nella campagna del Wessex, nel Somerset, in Cornovaglia, si trova una piccola città di nome Glastonbury, meta molto frequentata di visitatori e di pellegrinaggi. Un tempo vi sorgeva la più grande ed antica abbazia costruita da monaci cristiani nei primi secoli dopo Cristo.




Di essa oggi restano solo alcune rovine e una torre di pietra, la Glastonbury Tor, privilegiato punto di osservazione, che si erge in tutta la sua verticalità nel mezzo di una delle verdissime colline di Mendip.



La leggenda dice che il primo a fondare un monastero in quest'area sud-occidentale dell'Inghilterra, dove la penisola di Cornovaglia si restringe, trent'anni dopo la morte di Cristo, sia stato Giuseppe d'Arimatea, il ricco commerciante che, come è detto nel Vangelo di Matteo, chiesto a Pilato il corpo del Cristo, dopo averlo avvolto in un "candido lenzuolo", lo depose nella sua tomba nuova, dove l'ospitò durante i tre giorni che precedettero la Risurrezione.Sempre secondo la leggenda, è qui che Giuseppe D'Arimatea avrebbe portato il Santo Graal, la coppa in cui Cristo bevve il vino durante l'ultima cena con i suoi discepoli.

Si racconta che Giuseppe d'Arimatea abbia visitato la località insieme a Gesù fanciullo ancor prima l'aver fatto erigere l' Abbazia, per fargli visitare la scuola druida di Avalon, Il grande pittore e scrittore William Blake, avendo accolto questo racconto come fatto reale, ne fece materia del suo famoso poema Gerusalemme, che divenne poi la più popolare canzone patriottica inglese. Egli, che fu un poeta e pittore mistico, credeva nella profezia biblica della "Nuova Gerusalemme", in base alla quale dall'Ellegand, ossia "La Terra degli Angeli", (nome che sarebbe divenuto poi England), avrebbe avuto origine una nuova civiltà, prendendo le sue origini proprio dal "Tempio dei Druidi" di Stonehenge e Avebury.


Secondo dunque questa tradizione, Giuseppe D'Arimatea, sbarcato a Glastonbury, piantò a terra il suo bastone, che fiorì miracolosamente nel Biancospino di Glastonbury, biancospino detto anche "Spina Santa", che cresce soltanto intorno alla città e che fiorisce due volte l'anno: in primavera e a Natale, quando ne viene tagliata una spina e inviata alla regina per ornare la sua tavola. Ed ancora si dice che la Spina Santa originaria, che nel Medioevo è stata oggetto di pellegrinaggio, sia stata distrutta da un soldato durante la guerra civile e che questo soldato sia stato accecato; gli abitanti hanno piantato sulla collina di Wearyall un nuovo biancospino solo oggi, nel XX secolo. Il "Rovo di Glastonbury" con la sua Spina Santa, a detta dei botanici appartiene ad una specie originaria della Palestina, sconosciuta in Europa.




Storicamente si sa che il primo monastero di Glastonbury venne fondato da monaci cristiani, recatisi in questi luoghi per predicare la Buona Novella, tra il IV ed il V secolo d. C.; la fondazione di questo primo monastero è confermata da antichi scritti del monaco Beda e di Guglielmo di Malmesbury.Il luogo tuttavia era già prediletto dai Celti che vi svolgevano riti druidici.

Quando, intorno al 670 d. C., l'abbazia fu rifondata da monaci benedettini, in breve acquistò ricchezza e rilevanza politica; re Enrico II ordinò loro di scavare in quello stesso luogo perché voleva ritrovarvi la tomba di re Artù e della regina Ginevra. Si dice che i monaci finirono per trovare, nel 1191, una pietra tombale con un'iscrizione in bronzo che diceva: Qui nell'isola di Avalon giace sepolto l'illustre re Artù, insieme a Ginevra, sua seconda moglie.". La leggenda dice anche che nello stesso VII secolo San Patrignano, in visita ai monaci di Glastonbury, abbia trovato la tomba di San Giuseppe, sulla quale volle che venisse costruita una bella chiesa in legno tutta decorata, chiesa che poi fu distrutta in un incendio nel XII secolo. Secondo questa tradizione fu durante i lavori della Chiesa che venne alla luce una croce con iscritto "Hic iacet inclitus Rex Arturius in insula Avalonia " (Qui , nell'isola di Avalonia, giace il famoso Re Artù).


Di entrambi gli epitaffi oggi non è rimasto nulla, ma di fatto le spoglie di un uomo e di una donna trovate sotto terra furono inumate nel 1278 davanti all'altare principale della nuova abbazia ivi eretta ed Edoardo I volle dare molto risalto a questo avvenimento. Infatti sia lui che Enrico II, sapendo che nei confronti dei Normanni di Guglielmo il Conquistatore, nel 1066, l'unica resistenza significativa era stata organizzata in Galles e in Cornovaglia, volevano individuarne il capo nel leggendario re Artù e dimostrarne perciò la reale esistenza, così da farne una tradizione nazionale.


Lo storico inglese Goffredo di Monmouth, nella sua "Historia Regum Britanniae"narra che re Artù malato fu portato ad Avalon dove venne curato e guarito dalla "fata Morgana", all'epoca feudataria e madre superiora delle dodici suore cui era affidata la cura e la custodia del santuario; quando poi il re trovò la morte in battaglia, la sua salma venne portata a Glastonbury e qui sepolta.

Parecchio tempo dopo, con la Riforma Protestante, l'abbazia cominciò la sua decadenza e venne poi ridotta a una cava di pietra per costruire nelle vicinanze case e palazzi. Anche la presunta tomba di Artù e Ginevra fu dispersa per essere di nuovo identificata soltanto nel 1934.
Oggi le rovine dell'intero complesso sono sparpagliate in una cornice di prati verdeggianti e di boschi rigogliosi. Vi si trovano due sorgenti: tra le colline di Chalice e di Tor, la Chalice Well o Sorgente rossa, detta anche Sorgente del Sangue, per i suoi depositi rossastri e rugginosi, poiché è ricca di minerali di ferro e la Sorgente Bianca, dal colore chiaro per l’alto contenuto di calcio, sul lato opposto della collina di Chalice.


Per quanto riguarda l'ubicazione di Avalon, senza dubbio , una delle tesi la vorrebbe proprio qui: la collina dove ora sorge la torre, secondo tale ipotesi, si chiamava Avalon.

La pianura sottostante un tempo paludosa e coperta dall'acqua faceva apparire il rilievo della collina come fosse un'isola.
© rosalia de vecchi




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