domenica 29 giugno 2014

ida pfeiffer, una delle prime donne esploratrici.


 
 
Nacque a Vienna il 14 ottobre del 1797. Fu una delle prime donne esploratrici.

Fin da bambina ebbe un grande desiderio di vedere il mondo e sognava di viaggiare. Leggeva, leggeva…. e giocava con i suoi cinque fratelli i giochi scatenati dei maschi, vestendo anche lei abiti maschili, perché suo padre l’amava e la  trattava nello stesso modo in cui trattava i suoi fratelli. A soli nove anni dovette affrontare il grande dolore della morte prematura del padre. A diciassette la madre la convinse ad assumere abitudini femminili e volle curare la sua educazione, facendole dare lezioni di pianoforte; nacque un amore tra lei ed il suo maestro, ma la madre impedì il loro matrimonio cui era contraria; invece a ventidue anni la indusse a fare un matrimonio di convenienza con un vedovo di vari anni più vecchio di lei, dal quale ebbe due figli e dal quale in seguito si separò. Funzionario dello Stato, l’uomo che Ida aveva sposato, ad un dato momento, perse il posto e lei dovette dare lezioni di pianoforte e di disegno per poter contribuire al mantenimento della famiglia e alle spese di casa; nel frattempo i suoi fratelli si prendevano cura dei suoi figli e provvedevano alle spese scolastiche. Ma quando i figli furono cresciuti e quando in seguito alla morte della madre poté disporre di una discreta somma di denaro, che aveva ricevuta come eredità materna, Ida cominciò a viaggiare per il mondo, realizzando finalmente i suoi “antichi” desideri. Studiò le lingue, le mappe geografiche, si informò sulla natura delle piante e sul modo di conservarle….

Intraprese cinque lunghi viaggi, dimostrando grande coraggio e  resistenza alle fatiche… osservò ogni cosa, condivise momenti di vita con gli indigeni che incontrava nelle varie terre visitate e si muoveva da un luogo all’altro con gli stessi loro mezzi di trasporto. Decise di dare inizio al suo primo “giro del mondo” dalla Terra Santa, e dato che lei stessa si rendeva conto dell’ “ardimento” dell’impresa, lasciò, prima di partire, le sue volontà testamentarie.

Ida ha viaggiato lungo il Danubio fino al Mar Nero, fino a Costantinopoli, in Palestina, a Gerusalemme, in Egitto, dove ha visitato le Piramidi di Giza e la Sfinge e dove ha imparato a cavalcare un dromedario; poi in Italia e in altri paesi europei come l’Islanda della quale si lamentava per la gente grezza ed il cibo fatto essenzialmente di polenta e di pesce e dalla quale, però, ha portato campioni di piante e rocce che pare abbia poi venduto a dei musei.

Nel 1846 si recò in Brasile, di cui tanto aveva sentito decantare le bellezze e  dove invece trovò povertà e guerre civili; volle anche recarsi nella foresta pluviale per conoscere le condizioni di vita degli indigeni, ma mentre  la foresta pluviale le parve molto bella, gli indigeni , cedendo anche ai pregiudizi del suo tempo, le parvero troppo primitivi. E dal Brasile proseguì verso il Cile e d altri paesi sudamericani.

Poi si volse verso Oriente: Tahiti, la Cina, l’India, la Persia, la Grecia. A Tahiti fu colpita dalla libertà del comportamento sessuale delle donne, a Canton fu ricevuta dal biologo Louis Agassiz che lavorava ad una spedizione scientifica. Di questi paesi, l’India la sentì più a lei congeniale. In Iraq, allora Mesopotamia, viaggiò per trecento miglia nel deserto insieme ad una carovana di cammelli. Quando incontrò il console britannico, lo stupì, perché egli non si sarebbe mai aspettato di vedere in quei luoghi viaggiare una donna da sola. Spesso Ida  indossava abiti maschili e, mescolata tra la folla, se ne andava in giro ad osservare il comportamento delle popolazioni. Ma, se da una parte Ida dimostrava grande coraggio ed intraprendenza, ponendosi anche in una posizione emancipata di “pionierismo femminile” nel campo delle esplorazioni geografiche, dall’altra talora, ma solo talora, si manifestava ancora legata ai pregiudizi di stampo occidentale quando esprimeva impressioni negative sulle genti che incontrava, come se, abile nel saper organizzare percorsi ed itinerari persino arditi, fosse ancora impacciata nei pensieri e nelle intuizioni su suoi simili di altre latitudini, anche se, bisogna riconoscere che sarebbe difficile a chiunque ancora oggi giudicare un segno di emancipazione  il rituale dei cacciatori di testa o dei cannibali! Eppure proprio sui cacciatori di teste, la tribù dei Dyak, Ida esprime un giudizio positivo, dichiarando che, malgrado il brivido provato al loro cospetto, avrebbe voluto restare più a lungo con loro, per conoscerli meglio e che erano di fatto uomini leali ed onesti. Poi aggiunge anche una riflessione sugli Europei chiedendosi: forse che noi Europei siamo più buoni e meno cattivi con la nostra storia di tradimenti ed orrendi omicidi? Ciò è riferito ad una tappa del suo secondo viaggio intorno al mondo, che la portò in Inghilterra, a Londra e poi in Sud Africa, a Città del Capo e  a Singapore nel Borneo, dove, appunto, nonostante gli avvertimenti, volle visitare la tribù Dyak, nota per la pratica del rituale di caccia alle teste. Ma il pericolo più grande che Ida dovette affrontare nel suo passare da tribù in tribù fu quando a Sumatra, tra i cannibali Batak rischiò il taglio della testa e di questo momento  racconta di essersela cavata con la battuta: “la mia testa è troppo vecchia e dura per essere mangiata”, cosa che sembra abbia fatto colpo sul vecchio saggio della tribù, che, divertito della battuta,  la volle lasciar libera. Ida fu la prima donna ad essersi inoltrata nella giungla, la prima ad aver avvicinato i Batak  e ad averne dato notizie. Australia e poi  America settentrionale e di nuovo altre terre dell’America  meridionale… tanti luoghi… l’Europa con la Russia e i paesi scandinavi…. Ida si recò si può dire dappertutto! In Madagascar fu ricevuta cordialmente dalla regina Ranavalona, ma fu poi coinvolta  involontariamente nel tentativo di colpo di stato nei suoi confronti ed espulsa con gli altri Europei, ma fu in Madagascar che Ida contrasse la malattia che poco dopo doveva portarla alla morte: morì a Vienna nel 1858.

Raccontò le esperienze vissute nei suoi lunghi viaggi attraverso il mondo in 13 volumi di diari, tradotti in sette lingue. Ogni notte scriveva a matita il resoconto della giornata trascorsa. Il suo diario venne pubblicato in Austria nel 1846;  in Inghilterra nel 1852. Scrisse anche sui suoi viaggi in Islanda Svezia e Norvegia ed ottenne una vasta popolarità. Fu membro della Società Geografica di Berlino e di quella di Parigi, ma non della Reale Società di Londra a cagione del suo sesso!

© rosalia de vecchi

 


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