lunedì 7 luglio 2014

Sulle conoscenze della Terra nel Medioevo...

 
 
 
 
 
 
 
 

Sigurd e baldovino attraversano il Giordano di Gerhard Munthe



Durante il Medioevo, mentre da una parte era largamente diffusa la tendenza a mescolare spiegazioni magiche e fantastiche con dettagliate descrizioni naturalistiche, come ad esempio a voler attribuire ai minerali qualità e poteri "magici" in base ai quali un opale avvolto in una foglia di alloro si credeva rendesse invisibile chi lo portasse o un'ametista proteggesse dalle infezioni e un diamante rendesse invincibile, dall'altra, uomini mossi da grande curiosità si avventuravano per le terre d'Europa e anche d'Oriente e questi andavano acquisendo cognizioni geografiche, sulle quali cominciò a fondarsi un primo nucleo di studi sulla Terra, sia pur, all'inizio, ancor connesso con forme di pregiudizio e di miracolo.
Lo storico gallese Gilardo Cambrensis, detto Gilardo il Gallese, che viaggiò molto e che conobbe molte lingue, girò il Galles e fu anche accompagnatore del principe Giovanni in Irlanda, dove visse un paio d'anni. Egli trasse da queste sue esperienze materia per i suoi quattro libri, dove descrisse in modo assai vivo ed efficace, non privo di una certa divertente inclinazione a evidenziare gli aspetti più curiosi ed indiscreti, luoghi persone e costumi. Egli, che aveva predicato le crociate, che era stato cappellano del re  Enrico II d'Inghilterra, che si era recato più di una volta a Roma e che era stato testimone oculare della presenza del velo della Veronica, egli che coltivava il sogno che le sue opere lo avrebbero reso immortale, fu anche quello che volle registrare l'altezza delle maree in Irlanda e uno dei tanti che alla sua epoca compì il pellegrinaggio in Oriente, viaggio in Oriente che per tutti coloro che lo compivano venivano compilate mappe e fissati itinerari, cosa dalla quale la Geografia cominciava a trarre buoni profitti!
 I suoi quattro libri sulle terre d’Irlanda e del Galles  (Topographia Hibernica del 1188, Topografia dell'Irlanda; Expugnatio Hibernica, Conquista dell'Irlanda; Itinerarium Cambriae del 1191,Viaggio nel Galles; Descriptio Cambriae del 1194, Descrizione del Galles) sono utilissime testimonianze del grado di conoscenze geografiche dell’ epoca, anche con particolare riguardo agli aspetti cartografici topografici, sebbene rivestano interesse anche altre opere del chierico gallese, quali quelle sulla    Chiesa, in cui egli cura anche l’aspetto storico e le biografia compresa la propria!

Sigurd Jorsalfar, detto il Crociato, re di Norvegia, dell'isola di Man e delle Orcadi, dal 1103 al 1130, partito con sessanta navi per partecipare alla Crociata, fece vela verso la Palestina via Inghilterra Spagna e Sicilia, dove visitò re Ruggero II nel suo castello di Palermo. A Gerusalemme fu accolto da re Baldovino I con grande calore; i due cavalcarono insieme fino al Giordano, dove Sigmund si fece battezzare. Durante il viaggio di ritorno via terra, durato pare tre anni,  con gli uomini rimasti,  il re norvegese attraversò molte terre: i Balcani, l’Ungheria, la Germania, la Danimarca.
Di lui, la storiografia tramanda un giudizio molto lusinghiero, infatti è detto che sotto questo re crociato la Norvegia si espanse, prosperò in ricchezze e assurse ad un egregio ruolo internazionale. Gli storici sono concordi nell’attribuire al periodo del suo regno il nome di Età d’oro della sua storia medievale. E certo. Egli è chiaro esempio di uomo medievale aperto agli studi e alle conoscenze esplorative.

Nel 1270 il navigatore genovese Lanzarotte Malocello, riscoprì le isole Canarie e infatti una di esse ne porta il nome, isole che gli antichi conoscevano ma che erano state dimenticate.  Sembra che Lanzarotte fosse in viaggio per rintracciare i Vivaldi e che in quella occasione sia approdato nell’isola, dove rimase molti anni. Ed altri ancora prima dei fratelli Polo. Marco fu il primo a darci una descrizione dell'Asia, una prima impressione sul Giappone, notizie su Pechino, Giava, Sumatra, Siam... , Madagascar, Abissinia...contribuendo non poco alla formazione di quelle nuove teorie geografiche in base alle quali Colombo si convinse della validità di una via occidentale per il raggiungimento dell'Oriente.


Con l'intensificarsi dei commerci e dei viaggi la scienza cartografica riguadagnò i livelli di precisione raggiunti nell'epoca augustea e si cominciarono a preparare i portolani, le guide cioè, dotate di mappe, itinerari e descrizioni dei vari porti. Pisani e Genovesi ne prepararono di molto precisi, di alto livello.
Ed anche per quanto riguarda le conoscenze zoologiche e botaniche si va lentamente emergendo dalla leggenda e abbandonando l'influsso di Plinio, per creare invece una scienza degli animali e delle piante. Non più dunque mosche che si generano dalla polvere e dalla putrefazione, né unicorni feroci da catturare, facendo sedere una vergine in un campo così che l'animale le si avvicini per riposarle in grembo, rendendosi quindi mite e facile preda...
Ecco allora che nello spirito nuovo dei tempi, spirito che va evolvendosi verso forme nuove di osservazione della Terra e dei suoi "abitanti", nasce l'opera che può a ragione ben considerarsi la più strettamente scientifica della biologia medievale, un'opera straordinaria soprattutto considerando l'epoca in cui apparve: il De arte venandi cum avibus di Federico II: un trattato di 589 pagine sull'arte di cacciare con gli ucccelli. Un trattato di ornitologia concepito in anticipo secondo il metodo scientifico moderno e dunque basato sull’osservazione diretta degli uccelli, un trattato che rimase inedito per ben sette secoli in Italia!                                  

Federico II, appassionato falconiere e curioso di animali oltre che conoscitore di scienze naturali quali apprese dagli scienziati arabi della corte del nonno Ruggero a Palermo, si rivela un vero "scienziato moderno", che descrive l'anatomia degli uccelli e illustra la propria opera con un centinaio di disegni.

Non più ululati di uccelli notturni interpretati come messaggi di morte, ma avvoltoi e altri rapaci che osservano gli uomini dall'alto delle rocce che abitano, o dalle cime degli alberi, e che si orientano solo "a vista" nella ricerca del cibo; non rane gracidanti negli stagni dopo esser piovute dal cielo ma anatre che preferiscono andare "in pastura"durante la stagione umida da settembre a novembre; non uccelli migratori che si rintanano sotto terra ma gru provenienti dal Nord in autunno, osservate dalla foce dell'Ofanto o dalle torri del castello...

 

 

© rosalia de vecchi

 

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      

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