giovedì 7 maggio 2015

Faltonia Betizia Proba

Miniatura dell'opera De mulieribus claris di giovanni Boccaccio raffigurante Faltonia Betizia Proba, conservato alla Bibliotèque Nationale de France, Département des Manuscrits, Division occidentale

Se Petrarca aveva scritto il "De viris illustribus", Boccaccio sentì l'esigenza di scrivere un'opera che parlasse delle donne celebri. Così si mise all'opera e nell'arco di appena un anno completò il suo "De mulieribus claris", dove attraverso la presentazionne di 106 figure femminili, da Eva ad Iside, da Lavinia a Clelia..., voleva fornire esempi sui quali meditare, che fossero stimolo alla virtù.
Il grande Boccaccio ci lascia ancor oggi, con la sua opera, materia di meditazione e ci esorta a considerare l'importanza del ruolo socio-culturale della donna nella società di tutti i tempi, oltre che a lasciarci sedurre dal fascino di individualità forti, la cui femminilità è solo uno degli elementi formativi di essa.
Tra i tanti nomi di divinità, figure mitologiche, regine, donne di Stato.... tutte più o meno famose, tutte più o meno individualità di grande fascino, figura quello di Faltonia Betizia Proba, nota poetessa romana, considerata la più importante del periodo della tarda latinità.
Faltonia Betizia Proba visse nel IV secolo.
Apparteneva ad una famiglia aristocratica; il nonno , il padre ed il fratello erano stati consoli. Pagana di educazione, si convertì al Cristianesimo. Fu sposa e madre di due figli. Anche il marito apparteneva ad una delle più illustri famiglie di Roma e ricoprì cariche importanti. Entrambi possedevano gli Hortii Aciliorum, al Pincio. Entrambi, anche se il marito morì molti anni prima di lei, furono sepolti nella Basilica di Sant'Anastasia al Palatino.
Le opere che si ritiene la poetessa abbia scritto prima della sua conversione sono due poemi, dei quali solo uno è pervenuto fino ad oggi. Ma è interessante, soprattutto, il Cento Vergilianus de laudibus Christi o, più semplicemente, De laudibus Christi, composto intorno al 362. Si tratta di un centone virgiliano: 694 esametri su un argomento cristiano: la creazione del mondo, la vita di Gesù, episodi accuratamente selezionati dell'antico e del nuovo Testamento... Un'opera che, nonostante il parere contrario di alcuni, ebbe successo e fu molto famosa al suo tempo, che in un'epoca come quella, di confronto sui temi cristiani e di frequenti "anatemi", superò la "censura" e poteva essere recitata in pubblico, che non fu mai considerata eretica ma fu solo inserita tra gli scritti apocrifici. L'opera, senza dubbio, riveste un'importanza rilevante, se considerata anche come la testimonianza di un passaggio: il trasformarsi dell'antecedente cultura pagana degli ambienti aristocratici in quella cristiana. Faltonia, donna colta, come ci attestano i suoi rapporti con alcune eminenti personalità del suo tempo, operò una sintesi tra l'elemento cristiano quale proviene dalle Sacre Scitture e quello pagano che le derivava da un'eccellente cultura classica; di fatto l'opera è una ripresentazione delle Sacre Scritture con il linguaggio virgiliano. Faltonia, con la sua opera, testimonia peraltro l'esistenza di gruppi femminili di studio delle Scritture, studio previsto dalla Catechesi precedente il Battesimo e dopo approfondito e maturato con il dialogo e la riflessione.
L'opera, anche sul piano letterario, è interessante per lo stile, che oggi potremmo assimilare a quello del flashbak, in quanto la scrittrice sceglie e dispone i versi, tenendo conto dell'importanza degli accostamenti e del loro potere evocativo al fine di dare un colore, un'interpretazione personale ai fatti. L'autrice non vi usa un linguaggio tecnico, una terminologia teologica; la sua visione del Cristianesimo la orienta più che verso dibattitti teologici, verso un'espressione poetica degli stessi contenuti dottrinali e spirituali; l'elemento escatologico, la dottrina cristiana della Salvezza è al centro dell'opera, ma è narrato con forte colore virgiliano: dalla guerra civile che ci costringe a meditare sulla precarietà della condizione umana, attraverso il caos, si passa alla salvezza, dalla sofferenza alla speranza. In questo "ambiente" virgiliano intriso di contenuti escatologici, in questo "ambiente" che prende le mosse dalla guerra civile per profetizzare una nuova età dell'oro, la sostanza del messaggio cristiano di Salvezza resta integro.
Moderno spirito, potrebbe dirsi se non si avesse la consapevolezza che alcuni valori umani sono rilevabili dovunque e in ogni tempo, Faltonia interpreta la coppia Adamo-Eva come modello d'amore libero da ogni tipo di volontà di possesso o sottomissione della donna da parte dell'uomo.
Sensibilissima, come forse lo furono i primi Cristiani, i quali erano ancora pervasi del "romano diritto", all'importanza della Giustizia, vista soprattutto sul piano umano e sociale, la poetessa denuncia e condanna l'avidità e l'egoismo, la ricchezza e la frode e, cosa ancor più rilevante, perché testimonia in lei la fusione degli elementi più sostanziali e significativi delle due culture, la "romana" pagana e la "romana" cristiana, incentra la sua riflessione sulla responsabilità della scelta individuale. Il Bene e/o il Male sono i risultati di una scelta umana. Ma la visione esistenziale di Faltonia assume il carattere più spiccatamente cristiano, quando la poetessa accoglie il tema del perdono divino, che del Cristianesimo infatti è la più importante novità.


© rosalia de vecchi


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